Ottimizzazione biocidi nel trattamento acque Oil&Gas   [Scarica questo white paper come file PDF]

L’industria del petrolio e del gas naturale è un settore chiave nel mercato energetico e detiene un ruolo dominante nell'economia globale. Si possono distinguere tre fasi produttive: a monte (upstream), intermedia (midstream) e a valle (downstream). Le operazioni a monte comprendono la ricerca del giacimento (esplorazione), la perforazione e l’estrazione. La fase intermedia si riferisce a trasporto e stoccaggio. A valle si svolge la raffinazione e purificazione del greggio/gas estratti. Nell'industria petrolifera, circolano grossi volumi di acqua, specialmente nelle operazioni a monte. L'iniezione di acqua è molto diffusa per mantenere la pressione nei giacimenti di petrolio e guidare l'olio verso i pozzi, aumentando la resa della riserva. Per le piattaforme petrolifere, dove il volume di acqua iniettata supera 230’000 m3/ giorno, il mare rappresenta la fonte d’acqua più pratica. Durante la fase di estrazione, il greggio viene prelevato insieme a dell'acqua, detta acqua di strato o acqua prodotta. Il volume globale di acqua di strato è stimato essere 40'000’000 m3/giorno, rispetto a circa 13'000’000 m3/giorno di petrolio.

Schema di funzionamento di una piattaforma petrolifera

Come per tutte le applicazioni industriali in cui vengono impiegati grossi volumi d’acqua, anche nell’industria petrolifera vi è preoccupazione per quanto riguarda la corrosione microbiologica (Microbiologically Influenced Corrosion, MIC). La MIC è un fenomeno causato dalla presenza, sul metallo, di alcuni microrganismi la cui attività biologica innesca e/o accelera la corrosione del metallo stesso. I microrganismi possono influenzare la corrosione in diversi modi: consumando ossigeno, il reagente catodico; incentivando il trasporto di massa dei reagenti e dei prodotti di corrosione; generando sostanze che servono come reagenti catodici ausiliari. La corrosione microbiologica causa miliardi di dollari di danni ogni anno solo negli Stati Uniti.

L'acqua iniettata nel pozzo ha una composizione differente da quella già naturalmente presente nella riserva. Ad esempio, l'acqua di mare contiene molti ioni solfato che inducono la formazione di deposito nelle tubature e, quindi, una perdita di efficienza nelle operazioni di estrazione. Inoltre, i solfati rappresentano il substrato ideale per lo sviluppo di batteri anaerobi. Uno dei principali prodotti derivanti dall’attività microbiologica di questi batteri è l'acido solfidrico (H2S). L’acido solfidrico, una volta accumulatosi nel giacimento, causa la produzione di liquidi acidi, un fenomeno noto come “reservoir souring”. H2S è un gas velenoso con gravi implicazioni per la sicurezza - può causare un cedimento catastrofico delle condutture per corrosione da stress da solfuro o rottura indotta da idrogeno. Le spese relative all’inacidimento della riserva possono essere considerevoli, causando fino al 2% di aumento dei costi per la manutenzione straordinaria.

La corrosione microbiologica è mantenuta sotto controllo grazie alla sinergia di più azioni preventive: regolare pulizia meccanica delle tubazioni (pigging), rimozione dei composti solfati, controllo dell'ossigeno disciolto e trattamento regolare con biocidi (v. figura sotto). Subito dopo l’estrazione dell'acqua di mare, un battericida ad ampio spettro, solitamente a base di cloro, viene dosato in continuo per mantenere il cloro residuo a 0.5 ppm. I solidi sospesi più grossi sono separati mediante una prima filtrazione grossolana ed una successiva filtrazione fine. La rimozione dei composti solfonati solitamente avviene per osmosi inversa; dato che le membrane utilizzate per l’osmosi inversa sono molto sensibili agli agenti ossidanti, il cloro residuo viene abbattuto (di solito con bisolfito di sodio) e un biocida non ossidante è alimentato al processo. L’ultimo trattamento, prima dell’iniezione nel pozzo, prevede la rimozione dell’ossigeno disciolto per limitare la corrosione delle tubature dovuta dalla riduzione dell'ossigeno. Il pigging viene effettuato periodicamente, almeno una volta l’anno, per pulire le linee e contrastare la corrosione sotto deposito.

Trattamento acque per iniezione nei giacimenti petroliferi

L’ambiente anaerobico è ideale per la proliferazione di alcuni microrganismi, tra cui i batteri solfato-riduttori (sulphate reducing bacteria, SRB). Per prevenire il loro impatto potenzialmente devastante, biocidi non ossidanti vengono dosati insieme a dei disperdenti a valle dell’unità di rimozione dell’ossigeno. Tipici biocidi non ossidanti utilizzati nell'industria del petrolio e del gas naturale sono il 2,2-Dibromo-3-nitrilopropionammide (DBNPA), il tetrakis(idrossimetil)fosfonio solfato (THPS) e la glutaraldeide. Il DBNPA è molto efficace nel controllare la crescita sia dei batteri aerobi che anaerobi. Tuttavia causa l’aumento del potenziale di ossidoriduzione del metallo, favorendo la corrosione delle tubature. Il THPS è un biocida ad ampio spettro facilmente biodegradabile, ma anch’esso risulta leggermente corrosivo. La glutaraldeide è ampiamente utilizzata per via della sua elevata solubilità in acqua, basso costo e comportamento non corrosivo nei confronti dell'acciaio al carbonio. Ulteriori informazioni sui biocidi utilizzati nel trattamento acque sono disponibili qui.

Per quanto riguarda le acque di strato, le proprietà fisiche e chimiche possono variare ampiamente a seconda della posizione geografica, della formazione geologica e degli additivi chimici utilizzati nell'acqua di iniezione. L'acqua prodotta deve essere trattata per poi essere riutilizzata o smaltita secondo le normative vigenti. Per prima cosa, dopo l’estrazione, la miscela di idrocarburi e l’acqua sono separate per filtrazione e flottazione. Il greggio viene indirizzato alle unità intermedie e l'acqua passa attraverso un’unità di adsorbimento a carboni attivi ed una fase di osmosi inversa. Batteri come i solfato-riduttori, i ferro-ossidanti e gli acido-produttori sono solitamente rilevati nelle acque di strato. La loro presenza può favorire la corrosione, lo sviluppo di incrostazioni ed il rilascio di solfuri, con conseguente interruzione della produzione e impatto ambientale dannoso. Il controllo microbiologico è essenziale anche nella linea di trattamento delle acque prodotte per prevenire i danni associati allo sviluppo microbiologico, in particolare la MIC; solitamente viene dosata Glutaraldeide.

A questo punto, risulta chiara l’importanza del trattamento biocida e della sua ottimizzazione sia nell’acqua iniettata sia in quella prodotta. Se nell’acqua iniettata viene applicato un trattamento chimico troppo blando, il biofilm prolifererà formando uno strato batterico adeso alla superficie interna in contatto con il liquido, difficile da rimuovere. Una regola empirica è che, una volta formato, il biofilm richiede una concentrazione di biocida almeno dieci volte superiore rispetto ai batteri liberi nell’acqua (planctonici), per essere rimosso. Nel peggiore dei casi, il biofilm può essere fino a 1000 volte più resistente dei microrganismi planctonici. Inoltre, se lo sviluppo microbico prosegue incontrollato, il giacimento si inacidirà aumentando la fragilità del sistema. D'altra parte, i biocidi sono costosi e possono rappresentare un rischio per i lavoratori e per l'ambiente, quindi non dovrebbero essere dosati in eccesso. Inoltre, più sostanze chimiche entrano nel pozzo con l'acqua di iniezione, più sostanze chimiche finiranno nell’acqua prodotta, e maggiore sarà lo sforzo e il costo per la loro rimozione a valle. Alcuni studi hanno confrontato l'efficacia di diversi biocidi con l’applicazione di UV per capire se il trattamento fisico possa essere sufficiente per controllare la crescita microbica. Sinora, i soli raggi UV non sono risultati abbastanza efficaci, ma possono comunque essere associati alle sostanze chimiche per ridurre la quantità di biocidi dosati nel sistema.

Monitorare l'attività microbica aiuta a dosare la corretta quantità di biocida, in base alle reali esigenze del processo. Sono stati fatti tentativi per sviluppare modelli volti a prevedere quando le condizioni del sistema siano favorevoli alla MIC. Questi modelli includono solitamente una prima fase, che calcola il tempo necessario allo sviluppo di un film di solfuro, come conseguenza dell'attività degli SRB. La presenza di questo film rappresenta la condizione necessaria per lo sviluppo della corrosione microbiologica, e la sua presenza indica che è necessario mettere in atto un piano di mitigazione. La seconda fase studia la severità della MIC sulla base di parametri abiotici come la presenza di ossigeno disciolto, la quantità di deposito (frequenza di pigging) e l'età del sistema. Questi modelli possono essere utili per prevedere la necessità di un trattamento con biocidi e per selezionare la strategia più efficace per un determinato sistema.

Che sia applicato o meno un modello, i batteri presenti in un sistema e, quindi, l’efficacia del trattamento biocida in corso, sono tipicamente valutati grazie all’enumerazione periodica delle cellule libere nel liquido, tramite tecniche molecolari (come diversi tipi di PCR) o metodi di quantificazione cATP - come descritto più in dettaglio qui. Tuttavia, è ampiamente riconosciuto che i batteri liberi nel liquido rappresentano solo il 10% del numero totale di batteri in un processo - infatti, il 90% dei microrganismi in un sistema vive attaccato alle superfici, sotto forma di biofilm. Attualmente, il monitoraggio dei batteri sessili viene svolto installando dei porta coupon in un flusso laterale (v. figura sotto), tecnica relativamente antiquata e scarsamente efficace.

Installazione del porta coupon in un flusso laterale

I coupon sono periodicamente estratti (con cadenza da uno a sei mesi) e il biofilm viene misurato insieme all'eventuale perdita di peso del coupon dovuta alla corrosione. Tramite l’utilizzo di diverse tecniche viene determinata la popolazione batterica sessile presente sui coupon, unitamente al tempo di raddoppio della popolazione. È pratica comune quella di applicare il trattamento biocida ad una frequenza superiore al tempo di raddoppio, per garantire il controllo sulla crescita batterica. Questo approccio, seppur molto diffuso, ha una serie di mancanze. In primo luogo, i parametri di flusso differiscono tra la conduttura principale e il flusso laterale in cui sono installati i coupon, quindi anche la popolazione sessile può presentare delle differenze. Inoltre, trattandosi di un'analisi periodica e non continua, esiste un punto cieco tra un campionamento/analisi e quello successivo, dove si presume che le condizioni del sistema non varino.

Le innovative tecnologie ALVIM per il monitoraggio del biofilm rappresentano un potente strumento per rilevare la crescita batterica sulle superfici, in presenza di ossigeno. I dati forniti dal sistema ALVIM, online ed in tempo reale, permettono di regolare ed ottimizzare, manualmente o automaticamente, i trattamenti biocidi, verificandone al tempo stesso l’efficacia. Nei sistemi di iniezione dell'acqua, le sonde ALVIM possono essere applicate a monte dell’unità di rimozione dei solfati per monitorare la crescita del biofilm e ottimizzare il dosaggio del biocida. In questo modo, anche l'alimentazione di bisolfito di sodio sarà ottimizzata. Per limitare la proliferazione microbica a valle della rimozione di ossigeno, dove le condizioni possono essere favorevoli per alcuni batteri, è essenziale mantenere il numero di microrganismi che entrano nell'unità il più basso possibile. A questo scopo, l'applicazione del sensore ALVIM può aiutare a monitorare e controllare la quantità di microrganismo nel flusso che entra nell'unità di rimozione dell'ossigeno. La Tecnologia ALVIM rappresenta, inoltre, una soluzione ideale per l’ottimizzazione del trattamento chimico dell’acqua prodotta.

 

 

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