Controllo microbiologico nella filiera bovina   [Scarica questo white paper come file PDF]

La qualità dell'acqua viene spesso trascurata, negli allevamenti di bovini

La filiera della carne bovina è un sistema articolato e dinamico che coinvolge numerosi attori, dalla produzione primaria alla vendita al dettaglio, fino al consumo finale. Tra le principali criticità di questo settore vi è la contaminazione microbiologica, che influisce direttamente sulla sicurezza alimentare, sulla shelf life dei prodotti e sulla salute dei consumatori. Le fonti di contaminazione sono numerose e comprendono patogeni di origine animale, contaminazioni crociate durante le fasi di macellazione e lavorazione, oltre a una gestione inadeguata durante la distribuzione e la vendita finale. Un aspetto spesso trascurato riguarda la qualità dell'acqua impiegata lungo tutto il processo produttivo, poiché essa può diventare veicolo di microrganismi patogeni e residui chimici potenzialmente dannosi. Il consumo di carne contaminata può causare gravi problemi di salute, tra cui infezioni gastrointestinali e malattie trasmesse dagli alimenti. Garantire la sicurezza delle carni richiede, quindi, una conoscenza approfondita dei meccanismi di contaminazione e l'adozione di efficaci strategie di prevenzione. Nei paesi industrializzati, si stima che ogni anno circa il 30% della popolazione contragga malattie di origine alimentare. Negli Stati Uniti si calcola che questi episodi colpiscano annualmente circa 76 milioni di persone, causando oltre 325000 ricoveri ospedalieri e più di 5000 decessi. L'acqua contaminata rappresenta un rischio significativo non solo per la salute pubblica, ma anche per il benessere animale e la produttività degli allevamenti. Essa è infatti essenziale per la crescita, la produzione di latte e la riproduzione. La presenza di contaminanti microbiologici come Escherichia coli, streptococchi fecali e batteri coliformi, insieme ad inquinanti chimici come nitrati, nitriti e metalli pesanti, può compromettere la salute degli animali, ridurre la produttività e danneggiare le attrezzature. Purtroppo, la qualità dell'acqua è spesso sottovalutata o monitorata esclusivamente al punto di ingresso nel sistema di distribuzione, trascurando aspetti rilevanti come lo stato delle reti di tubazioni, la contaminazione ambientale e la formazione di biofilm.
I biofilm sono comunità microbiche complesse immerse in una matrice polimerica extracellulare che protegge i batteri, aumentando la loro resistenza ad antimicrobici e disinfettanti. Diversi studi hanno dimostrato che i biofilm possono svilupparsi rapidamente negli abbeveratoi anche a basse temperature, funzionando come riserva di patogeni in grado di causare infezioni nel momento in cui avvenga il distacco dalle superfici e l'ingestione da parte degli animali. Il National Institutes of Health (NIH) stima che circa l'80% delle infezioni umane sia associato alla presenza di biofilm. Negli allevamenti, i biofilm possono colonizzare pareti, pavimenti, abbeveratoi, mangiatoie e persino gli animali stessi. Negli ultimi anni, le crescenti preoccupazioni per la sicurezza microbiologica nella filiera della carne hanno portato a una regolamentazione più severa dei controlli sulla qualità dell'acqua negli allevamenti zootecnici.

 

La filiera di lavorazione della carne bovina

I diversi step nella filiera di lavorazione della carne bovina

La produzione di carne bovina è un processo articolato che si sviluppa attraverso diverse fasi, ognuna delle quali è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare, la qualità del prodotto ed il benessere animale, ma che presenta anche specifici rischi di contaminazione batterica. L'allevamento costituisce il primo anello della filiera e si concentra sulla crescita e sullo sviluppo degli animali. I bovini vengono alimentati con diete bilanciate composte da foraggi, cereali e integratori, al fine di garantire una crescita ottimale. L'obiettivo principale è far raggiungere all'animale un peso adeguato prima della macellazione, assicurandone al contempo la salute ed il benessere. Fattori come la genetica, la composizione della dieta e le condizioni ambientali giocano un ruolo cruciale nella qualità finale della carne. È importante considerare che i bovini possono ospitare batteri patogeni nel tratto gastrointestinale senza manifestare segni clinici. Una scarsa igiene nelle stalle, l'utilizzo di acqua contaminata e una gestione inadeguata dell'alimentazione possono favorire la proliferazione batterica. Per ridurre questi rischi è fondamentale mantenere ambienti puliti, somministrare alimenti di qualità e adottare programmi vaccinali contro le infezioni batteriche più comuni. Durante il trasporto, gli animali sono esposti a situazioni di stress che possono indebolire il sistema immunitario ed aumentare la diffusione dei batteri. La contaminazione può avvenire attraverso le feci, soprattutto se i mezzi di trasporto non vengono adeguatamente sanificati tra un viaggio e l'altro. Una corretta ventilazione, condizioni igieniche adeguate e tempi di trasporto ridotti contribuiscono a limitare i rischi. All'arrivo al macello, gli animali vengono collocati nei recinti di sosta per un periodo di riposo, durante il quale possono entrare in contatto con superfici contaminate o con altri animali infetti. Se non gestite correttamente, queste aree possono diventare veri e propri serbatoi di batteri. Per prevenire la diffusione microbica, sono fondamentali le ispezioni veterinarie e l'adozione di rigorosi protocolli igienico-sanitari, inclusi trattamenti antimicrobici. Dopo la macellazione, le carcasse vengono sezionate e rapidamente raffreddate a temperature comprese tra 0 °C e 4 °C, per limitare la proliferazione batterica. Tuttavia, può avvenire una contaminazione crociata attraverso superfici di lavoro e attrezzature, o per contatto con il personale, se non vengono rispettate con rigore le norme igieniche. Sebbene le basse temperature rallentino la proliferazione batterica, essa non viene totalmente eliminata, rendendo indispensabile il mantenimento di elevati standard sanitari in ogni fase della lavorazione. Anche durante il confezionamento la carne può essere esposta al rischio di contaminazione, soprattutto se viene manipolata in modo improprio o se i materiali di imballaggio non sono igienizzati correttamente. Infine, il mantenimento della catena del freddo durante il trasporto e lo stoccaggio è essenziale per evitare sbalzi di temperatura che potrebbero favorire la crescita microbica.

 

Qualità dell'acqua negli allevamenti di bovini

L'allevamento di bovini è un settore agricolo diffuso a livello globale, caratterizzato da notevoli differenze nelle pratiche di gestione a seconda delle aree geografiche. In Europa e negli Stati Uniti questo settore si è progressivamente orientato verso modelli di allevamento intensivo, nei quali gli animali vivono l'intero anno in stalla e vengono alimentati con una dieta composta da diversi tipi di mangimi. L'approvvigionamento idrico è garantito da abbeveratoi automatici, che assicurano un accesso continuo all'acqua potabile, soddisfacendo in modo efficiente il fabbisogno di idratazione degli animali. Negli allevamenti bovini, l'acqua può provenire da diverse fonti, ognuna con caratteristiche specifiche che ne influenzano qualità e disponibilità. Le principali fonti idriche includono le acque superficiali, come fiumi, torrenti, laghi e bacini artificiali, utilizzati soprattutto negli allevamenti situati in prossimità di corsi d'acqua, soggetti a variazioni stagionali di portata e qualità. Queste acque possono essere contaminate da scarichi industriali, reflui agricoli e dalla presenza di animali selvatici. In alcune realtà zootecniche, specialmente nelle regioni aride, si realizzano bacini di stoccaggio per raccogliere l'acqua piovana o per deviare parte dell'acqua fluviale. Un'ulteriore importante fonte è costituita dalle acque sotterranee, come i pozzi artesiani, considerate tra le più affidabili dal punto di vista microbiologico, poiché le falde profonde offrono generalmente un'acqua di migliore qualità. Tuttavia, possono contenere elevate concentrazioni di minerali (ferro, manganese, nitrati) che possono influenzare la salute e la produttività degli animali. In alcune aziende zootecniche, soprattutto in regioni caratterizzate da precipitazioni regolari, vengono installati sistemi di raccolta e stoccaggio dell'acqua piovana, al fine di ridurre la dipendenza da altre fonti. Tuttavia, è necessario un trattamento adeguato al fine di eliminare eventuali contaminanti. Alcuni allevamenti, in particolare quelli di grandi dimensioni, prelevano l'acqua tramite acquedotti municipali o consorzi privati. Questa soluzione è spesso la più sicura dal punto di vista qualitativo, ma può risultare costosa e soggetta a restrizioni sull'utilizzo.

Fornire acqua fresca e pulita in proporzione alle esigenze degli animali risulta essenziale

Garantire acqua potabile sicura negli allevamenti richiede un monitoraggio costante e una gestione attenta dei potenziali rischi di contaminazione. La qualità dell'acqua è definita dalle sue caratteristiche microbiologiche, chimiche e fisiche. Le autorità di regolamentazione, come la United States Environmental Protection Agency (EPA) e il Ministero Federale Tedesco per l'Alimentazione e l'Agricoltura, hanno stabilito valori soglia per l'acqua destinata all'abbeveraggio del bestiame. Tuttavia, tali standard si concentrano spesso sulla qualità dell'acqua al punto di ingresso nel sistema di distribuzione dell'azienda, senza considerare la qualità reale dell'acqua effettivamente consumata dagli animali. L'acqua potabile può essere fornita al bestiame tramite abbeveratoi diretti, mangiatoie o sistemi automatici. Qualunque sia il metodo impiegato, l'impianto deve rispettare criteri essenziali: fornire acqua fresca e pulita in proporzione al fabbisogno degli animali, ridurre al minimo gli sprechi e richiedere una manutenzione contenuta. Tuttavia, fattori come la formazione di biofilm, la contaminazione ambientale e il ristagno idrico possono comprometterne la qualità prima che raggiunga gli animali. Negli allevamenti, inoltre, l'acqua potabile viene utilizzata per somministrare farmaci e integratori, garantendo un trattamento omogeneo a tutto il bestiame. Se nel sistema di distribuzione idrica si forma biofilm, questo può assorbire o degradare i principi attivi dei farmaci somministrati attraverso l'acqua, alterandone la concentrazione e riducendone l'efficacia terapeutica, con il rischio di causare dosaggi irregolari, sia per eccesso che per difetto. Inoltre, l'accumulo di biofilm nei serbatoi può trattenere parte del farmaco e rilasciarlo in modo irregolare nel tempo, modificando la quantità realmente somministrata agli animali. Tra i trattamenti maggiormente somministrati agli animali malati vi sono gli antibiotici, e una delle principali minacce per la salute pubblica è rappresentata dall'antibiotico resistenza. Il biofilm presente nelle infrastrutture idriche zootecniche contribuisce alla diffusione di tale resistenza attraverso diversi meccanismi. I batteri inglobati nel biofilm possono sopravvivere a concentrazioni di antibiotici molto superiori rispetto ai batteri presenti nell'acqua, favorendo la selezione di ceppi resistenti. Inoltre, il biofilm crea un ambiente favorevole al trasferimento genico orizzontale (horizontal gene transfer, HGT), facilitando il passaggio di geni di resistenza tra diverse specie batteriche. Anche dopo il trattamento antibiotico, i batteri resistenti possono persistere all'interno del biofilm e riattivarsi quando il sistema è nuovamente esposto a condizioni di stress ambientale.

 

Parametri dell'acqua monitorati negli allevamenti bovini

L'acqua destinata all'abbeveraggio dei bovini deve essere di buona qualità, poiché un'acqua contaminata o con parametri fuori norma può compromettere le performance produttive, alterare la qualità dei prodotti e causare danni rilevanti alle attrezzature e alle infrastrutture. Secondo le normative nazionali e internazionali, l'acqua deve rispettare specifici parametri:

  1. Parametri chimici (nitrati, nitriti, metalli pesanti, arsenico, cromo, rame, piombo, mercurio, ecc.…)
  2. Parametri indicatori (colore, odore, sapore, torbidità, durezza, presenza di alluminio, ammonio, cloruri, ferro, manganese, solfati, sodio, ecc.…).
  3. Parametri microbiologici (monitoraggio di Escherichia coli,enterococchi, ecc.…).

I contaminanti chimici si dividono in due categorie: organici e inorganici. I contaminanti organici contengono carbonio e si decompongono lentamente, poiché non facilmente biodegradabili. I contaminanti inorganici comprendono nitrati, nitriti, solfati, cloruri, idrogeno solforato, alcuni elementi minerali e metalli pesanti, che meritano particolare attenzione per i rischi connessi alla salute animale e alla sicurezza alimentare. La durezza dell'acqua dipende dai sali di calcio e magnesio. L'acqua dura contiene elevate quantità di questi sali, mentre l'acqua dolce ne ha basse o nulle. L'acqua con durezza elevata può ostacolare la digestione, ridurre l'assorbimento dei nutrienti e causare depositi di calcare negli impianti idrici, portando ad ostruzioni. Anche un'elevata torbidità, dovuta a particelle come sabbia o alghe, può provocare problemi simili. L'acqua potabile presenta generalmente un pH compreso tra 6 e 9. Un pH con valori al di fuori di questo intervallo può causare disturbi metabolici e della fertilità, problemi digestivi, una ridotta conversione degli alimenti e l'accumulo di residui di farmaci. L'acqua con pH acido può provocare problemi urinari e scheletrici, mentre un'acqua fortemente alcalina può influenzare negativamente la produzione di latte e i tassi di crescita. La salinità è un parametro fondamentale per l'acqua destinata all'abbeveraggio degli animali. Essa corrisponde ai solidi totali disciolti (TDS), espressi in milligrammi di residuo fisso per litro d'acqua dopo essiccazione a 180 °C. Un'acqua con TDS superiori a 3000 mg/L provoca i primi effetti negativi sull'organismo.

Il monitoraggio microbiologico dell'acqua potabile negli allevamenti aiuta a prevenire patologie negli animali

L'acqua potabile non trattata, proveniente da fonti utilizzate negli allevamenti di bestiame può contenere coliformi, tra cui Escherichia coli, utilizzato come indicatore primario per il monitoraggio di questo tipo di contaminazione. Questo batterio, presente nelle feci di tutti i mammiferi, è stato scelto come indicatore biologico per la sua capacità di sopravvivere nell'acqua potabile per un periodo compreso tra le 4 e le 12 settimane. In caso di piogge, tali batteri possono essere trasportati in torrenti, fiumi, corsi d'acqua, laghi o falde acquifere. Il monitoraggio microbiologico dell'acqua potabile negli allevamenti consente di prevenire patologie negli animali, tra cui disturbi gastrointestinali, digestivi, respiratori, urogenitali e riproduttivi. Un conteggio di coliformi inferiore a 50 per 100 mL è considerato sicuro per i bovini adulti, mentre per i vitelli è consigliabile un valore inferiore a 1 per 100 mL. Una delle principali criticità nel mantenimento della qualità microbiologica dell'acqua negli allevamenti è rappresentata dalla formazione di biofilm. Come precedentemente accennato, il biofilm è una matrice complessa di microrganismi inglobati in una sostanza polimerica extracellulare (EPS), che aderisce alle superfici interne di tubazioni, serbatoi di stoccaggio e abbeveratoi. Questo strato protettivo consente ai batteri di proliferare e resistere ai trattamenti di disinfezione convenzionali, compromettendo la sicurezza microbiologica dell'acqua destinata agli animali. La formazione del biofilm inizia quando i batteri aderiscono alle superfici interne del sistema idrico e iniziano a produrre EPS. Questo strato favorisce la crescita di una comunità microbica diversificata, comprendente batteri coliformi, Pseudomonas spp., Legionella spp., funghi e protozoi. Nel tempo, i biofilm possono ospitare patogeni come Escherichia coli, Salmonella spp., e Campylobacter spp., aumentando il rischio di infezioni negli animali d'allevamento. Questi patogeni possono essere trasferiti alla filiera alimentare, compromettendo la sicurezza degli alimenti e rappresentando un rischio per la salute dei consumatori. Le analisi di laboratorio comunemente utilizzate per valutare la qualità dell'acqua negli allevamenti bovini presentano diverse limitazioni che ne riducono la rappresentatività e l'affidabilità. I campioni d'acqua vengono spesso prelevati al punto di ingresso del sistema idrico aziendale, senza considerare le variazioni di qualità lungo la rete di distribuzione interna. Come accennato, l'acqua che raggiunge i punti di abbeveraggio può subire modifiche significative a causa della formazione di biofilm all'interno delle tubazioni e degli abbeveratoi, del ristagno e dell'accumulo di sedimenti nei serbatoi, nonché di contaminazioni secondarie dovute a materiali corrosi o residui organici. Inoltre, il campionamento viene effettuato in momenti specifici e non tiene conto delle fluttuazioni giornalieri e stagionali della qualità dell'acqua, come le variazioni di temperatura che favoriscono la proliferazione microbica. Molti test standard si concentrano su parametri di base come torbidità, pH, conducibilità elettrica, durezza, conta batterica totale (TBC) e rilevamento di indicatori fecali come Escherichia coli, come precedentemente illustrato. Sebbene utili, questi parametri non forniscono un quadro completo dei rischi microbiologici e chimici associati. I batteri indicatori fecali(E. coli e i coliformi totali) non sempre sono correlati con la presenza di patogeni pericolosi quali Salmonella, Campylobacter, o Cryptosporidium. Inoltre, i test microbiologici convenzionali non rilevano virus enterici o tossine batteriche, che possono avere un impatto rilevante sulla salute animale e umana. La conta batterica totale non distingue tra batteri patogeni e innocui, né tiene conto della protezione offerta dal biofilm all'interno dei sistemi di distribuzione. Inoltre, alcuni microrganismi possono entrare in uno stato definito "vitale ma non coltivabile" (VBNC), in cui rimangono vitali e potenzialmente infettivi, senza essere rilevabili con le tecniche colturali tradizionali. Infine, le analisi microbiologiche convenzionali, basate su metodi di coltura in laboratorio, richiedono da 24 a 72 ore per fornire i risultati, rendendo difficile un intervento tempestivo in caso di contaminazione. Nel frattempo, gli animali continuano a consumare acqua potenzialmente non sicura.

 

Microbiologia della carne

La carne rappresenta un substrato ideale per la crescita microbica

La microbiologia della carne rappresenta un aspetto fondamentale per la sicurezza alimentare e per la qualità del prodotto finale. La contaminazione microbica può derivare da molteplici fattori, influenzando la shelf life e il rischio di trasmissione di agenti patogeni. La carne costituisce un substrato ideale per la crescita microbica a causa della sua composizione chimica e dell'elevato contenuto di acqua. Pur essendo un alimento di grande rilevanza dal punto di vista nutrizionale e dietetico, può rappresentare un rischio per la salute pubblica a causa di possibili contaminazioni. Tali contaminazioni possono essere endogene, originate durante la vita dell'animale, oppure esogene, che si verificano durante il processo produttivo. La contaminazione endogena può derivare dalla somministrazione intenzionale all'animale di sostanze come farmaci e agenti anabolizzanti, oppure dall'assunzione accidentale di contaminanti presenti in acqua e mangimi, tra cui pesticidi, metalli pesanti, micotossine e PCB, come illustrato nelle sezioni precedenti. Tra questi, un ruolo di rilievo è svolto dalle minacce biologiche responsabili di zoonosi, comprendenti parassiti (Toxoplasma gondii , Trichinella spp ., Cysticercus bovis, e Cysticercus cellulosae) e batteri (Brucella spp. , Mycobacterium tuberculosis, Burkholderia mallei, Bacillus anthracis). La contaminazione esogena, invece, è prevalentemente di natura batterica e può includere patogeni responsabili di infezioni alimentari come Salmonella, Campylobacter, Escherichia coli, Yersinia, and Aeromonas. Inoltre, possono essere presenti batteri Gram-positivi sporigeni, come Clostridium e Bacillus, oltre a batteri non sporigeni appartenenti ai generi Listeria e Staphylococcus genera. Durante la macellazione, la carne entra inevitabilmente in contatto con contaminanti ambientali quali aria, acqua, materiali ed operatori. Il numero ed il tipo di microrganismi presenti in questa fase influenzano direttamente la qualità igienica del prodotto finale. Sebbene l'introduzione dei piani HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) abbia migliorato le condizioni igieniche nei macelli, il rischio di contaminazione non può essere completamente eliminato. Per questo motivo, paesi come Stati Uniti e Australia hanno sviluppato tecniche di decontaminazione delle carcasse a integrazione delle normali procedure igieniche. Tali metodi, che comprendono interventi chimici e fisici, si sono dimostrati efficaci nella riduzione della contaminazione batterica del prodotto finale. Tuttavia, l'efficacia della decontaminazione microbiologica dipende dalla combinazione di metodi chimici e fisici adottati. La scelta della strategia più idonea deve trovare un equilibrio tra riduzione della carica microbica e mantenimento delle caratteristiche qualitative e funzionali del prodotto finale, garantendo la sicurezza senza comprometterne le proprietà organolettiche e funzionali. In Europa, l'uso di sostanze chimiche per la disinfezione delle carcasse non è consentito.

 

Metodi di disinfezione nella filiera della carne bovina

Il processo di disinfezione coinvolge tutte le fasi della produzione, dalla gestione dell'allevamento alla macellazione, fino al confezionamento, attraverso l'impiego di metodi fisici, chimici e biologici. Negli ambienti zootecnici, la proliferazione di biofilm microbici e l'accumulo di materiale organico rappresentano una sfida significativa. Strategie di disinfezione basate sulla rimozione meccanica dei residui organici mediante lavaggio ad alta pressione risultano essenziali per migliorare l'efficacia dei successivi trattamenti chimici. Tra i disinfettanti comunemente impiegati figurano sali di ammonio quaternario, ipoclorito di sodio e aldeidi, utilizzati per eliminare i patogeni presenti nelle stalle e sulle superfici di contatto. L'uso di detergenti alcalini è particolarmente efficace nella degradazione di proteine e grassi presenti nei residui organici, mentre quelli acidi favoriscono l'eliminazione di calcare e biofilm. L'impiego di batteriofagi, enzimi e peptidi antimicrobici estratti da composti naturali rappresenta un approccio innovativo per ridurre la carica microbica senza ricorrere a sostanze chimiche aggressive. La clorazione rimane il metodo più comunemente impiegato per la disinfezione dell'acqua, sebbene i raggi UV costituiscano un'alternativa efficace per inattivare batteri e virus senza alterare le proprietà organolettiche dell'acqua stessa. Anche i serbatoi destinati alla somministrazione di farmaci agli animali e le tubazioni devono essere periodicamente disinfettati con prodotti idonei, al fine di prevenire la proliferazione batterica e i rischi sopra descritti.

Se l'acqua utilizzata per il risciacquo è contaminata, può trasferire microrganismi 
patogeni alle carcasse, anziché eliminarli

Per limitare la cross-contaminazione batterica durante la fase di macellazione, i metodi di disinfezione comprendono l'uso di acqua calda (oltre gli 82 °C) o di soluzioni di acido peracetico per ridurre la carica microbica sulla superficie della carne, oltre all'applicazione di vapore ad alta temperatura e a cicli di soluzioni disinfettanti. L'acqua utilizzata per il risciacquo e la disinfezione delle carcasse e delle superfici di lavoro può rappresentare un veicolo di contaminazione se non adeguatamente controllata.Se, infatti, l'acqua stessa è contaminata da batteri patogeni (come Escherichia coli, Salmonella spp. , Listeria monocytogenes), può trasferire questi microrganismi alle carcasse, anziché eliminarli. Questo rischio è particolarmente elevato nel caso di riutilizzo dell'acqua o di sistemi di distribuzione non adeguatamente sanificati. Risulta, pertanto, essenziale effettuare analisi regolari al fine di verificare la sicurezza microbiologica. Formulazioni enzimatiche ed inibitori del quorum sensing sono impiegati sempre più frequentemente per prevenire la formazione di biofilm resistenti sulle superfici di lavorazione della carne. Dopo la lavorazione, la carne deve essere conservata in condizioni sterili per impedire la proliferazione microbica, attraverso l'uso di raggi UV o di gas antimicrobici come l'ossido di etilene.

 

Monitoraggio del biofilm nella filiera della carne bovina

Sensori di biofilm ALVIM

Come discusso in precedenza, l'adesione dei batteri alle superfici, seguita dalla formazione di biofilm, rappresenta un rischio significativo per la qualità e la sicurezza dei prodotti a base di carne. Per questo motivo, l'implementazione di tecnologie per il rilevamento dei biofilm risulta essenziale. L'utilizzo del sistema di monitoraggio in tempo reale ALVIM consente di individuare precocemente la presenza e lo sviluppo del biofilm, permettendo l'adozione tempestiva di misure correttive volte a prevenire la contaminazione. Ciò costituisce un passaggio fondamentale per il monitoraggio della proliferazione batterica nei punti critici di controllo all'interno degli impianti, come le condotte di acqua potabile, i serbatoi di stoccaggio, le linee di distribuzione dell'acqua utilizzate per il lavaggio delle carcasse, i sistemi CIP (Cleaning-In-Place) e i circuiti di raffreddamento. L'integrazione dei Sensori ALVIM nei protocolli di gestione della qualità consente di ottimizzare i trattamenti di sanificazione, aumentando l'efficacia delle strategie di disinfezione chimiche o fisiche. La possibilità di monitorare in tempo reale la crescita microbica riduce il rischio di insuccesso nelle procedure di decontaminazione e limita il consumo di agenti chimici, garantendo vantaggi sia in termini di sicurezza alimentare che di sostenibilità ambientale. L'adozione di tali tecnologie si allinea all'approccio HACCP, basato sulla prevenzione della contaminazione, piuttosto che sulla gestione dei rischi a seguito dell'evento. Il monitoraggio continuo del biofilm non solo riduce la probabilità di contaminazioni crociate nelle varie fasi di lavorazione, ma migliora anche la shelf life del prodotto finale, assicurando carne di alta qualità.

 

Conclusioni

Gli impianti di lavorazione della carne svolgono un ruolo cruciale nella filiera alimentare, garantendo sicurezza, qualità e sostenibilità dei prodotti. Ogni fase della filiera produttiva della carne bovina, dall'allevamento alla distribuzione, deve rispettare rigorose norme igienico-sanitarie, volte ad assicurare carni sicure e di alta qualità. Tuttavia, nonostante le misure preventive e le buone pratiche adottate, il rischio di contaminazione microbiologica rimane una delle principali sfide del settore. Un elemento determinante per la sicurezza alimentare e la qualità dei prodotti è il controllo microbiologico dell'acqua utilizzata nelle operazioni di allevamento e di trasformazione. La presenza di biofilm nelle tubazioni e nei sistemi idrici rappresenta, infatti, un rilevante rischio di contaminazione, difficile da individuare e gestire con i metodi di analisi convenzionali. In questo contesto, i Sensori ALVIM offrono una soluzione avanzata per il monitoraggio in tempo reale dei biofilm, consentendo una rilevazione precoce e interventi tempestivi ed efficaci. Grazie all'elevata sensibilità, le sonde ALVIM permettono di ottimizzare i trattamenti di sanificazione, ridurre l'impiego di agenti chimici e migliorare l'efficienza operativa degli impianti di trasformazione. Integrare sistemi di monitoraggio innovativi come ALVIM nella gestione della qualità dell'acqua e nelle operazioni di lavorazione della carne consente di aumentare significativamente la sicurezza alimentare, ridurre gli sprechi ed ottimizzare l'utilizzo delle risorse. Investire in queste tecnologie permette non solo di avere maggiore controllo sulla contaminazione microbiologica, ma anche di contribuire a un sistema produttivo più sostenibile, efficiente e conforme alle normative vigenti.

 

 

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