• ALVIM Srl fornisce innovative soluzioni high-tech per il monitoraggio del biofilm in differenti applicazioni
  • I trattamenti biocidi e di sanificazione applicati durante le prime fasi di sviluppo del biofilm forniscono i migliori risultati
  • I sensori ALVIM monitorano la crescita del biofilm batterico, non il deposito generico (fouling) come altri sensori fanno
  • Il Sensore di Biofilm ALVIM è in grado di monitorare l'insediamento dei batteri sin dalle sue prime fasi
  • Per prevenire la proliferazione di Legionella ed altri patogeni, la crescita di biofilm va tenuta sotto controllo

Sistemi di distribuzione dell'acqua potabile   [Scarica questo white paper come file PDF]

Antico acquedotto Romano

Un sistema di distribuzione dell'acqua potabile (drinking water distribution system, DWDS) è una parte della rete di fornitura che trasporta acqua potabile da un impianto di trattamento centralizzato, o da pozzi, ai consumatori, per scopi residenziali, commerciali o di prevenzione degli incendi. I sistemi di distribuzione consistono di tubature, pompe, valvole, serbatoi di stoccaggio, sistemi di misurazione, raccordi e altri accessori idraulici.

La protezione e la manutenzione dei sistemi di distribuzione dell'acqua sono essenziali per garantire acqua potabile di elevata qualità. I dati recenti relativi a epidemie di malattie derivanti da acqua infetta suggeriscono che i sistemi di distribuzione rappresentino una fonte di contaminazione ancora rilevante. Si deve prestare particolare attenzione ad alcuni fattori, compresi gli eventi di riflusso dovuti a connessioni trasversali, la potenziale contaminazione durante la costruzione e, infine, le attività di riparazione e manutenzione.

 

Problemi comuni nei sistemi di distribuzione dell'acqua potabile

I rischi nei sistemi di distribuzione dell'acqua potabile possono essere di origine chimica, fisica e microbiologica. Fattori che influenzano la qualità dell'acqua sono pH, ioni inorganici, ossigeno disciolto e materia organica. La qualità dell'acqua potabile è intimamente intrecciata con la salute e il benessere umano. Storicamente, gli obiettivi fondamentali sono stati la preservazione delle fonti idriche e l'innovazione delle tecnologie di trattamento, spesso trascurando il collegamento finale nella catena di fornitura - ovvero la rete di distribuzione dell'acqua.

L'acqua potabile deve percorrere lunghe distanze dagli impianti di trattamento fino ai consumatori finali, venendo coinvolta in complesse reazioni fisiche, chimiche, e biologiche quando entra in contatto con le pareti interne della rete di distribuzione e le superfici delle apparecchiature collegate, con conseguenti cambiamenti nella qualità dell'acqua. Il meccanismo del deterioramento della qualità dell'acqua nella rete di distribuzione è complesso, e può portare all'aumento di torbidità, contenuto in metalli e conta batterica, patogeni inclusi - un fenomeno conosciuto come "contaminazione secondaria".

Il meccanismo è un circolo vizioso autoalimentato. In primo luogo, la corrosione della superficie interna delle tubature crea delle nicchie ideali per la crescita microbica. In secondo luogo, i prodotti di corrosione hanno un effetto sulle reazioni chimiche nell'acqua, attraverso effetti ossidativi e catalitici, cambiando così la composizione e la qualità dell'acqua. L'ambiente acquoso influisce sulla stabilità delle incrostazioni e sul metabolismo microbico. I batteri, a loro volta, rilasciano prodotti metabolici nell'ambiente che, a sua volta, ha un impatto sui prodotti di corrosione e sulla qualità dell'acqua.

 

Prodotti di corrosione e altre minacce chimiche

La corrosione della rete di trasporto dell'acqua è definita come un processo in cui gli ioni metallici sono rilasciati in acqua, o formano incrostazioni sulla parete delle tubature in concomitanza con l'ossidazione del metallo. La corrosione può essere generale o localizzata. Le differenti tipologie di materiale delle tubature danno differenti prodotti di corrosione, quando avviene questo processo. In tubi di ghisa, gli ossidi di ferro sono i principali prodotti di corrosione. Nei tubi di rame, si formeranno invece ossidi di rame. Nei tubi di piombo, si formeranno ossidi di piombo. Quando un tubo si corrode, rilascia sostanze che si accumulano nell'acqua potabile, la quale inevitabilmente perde qualità. Allo stesso tempo, il tubo si assottiglia e perde resistenza, vedendo quindi ridotta la propria durata. Inoltre, queste sostanze rilasciate in acqua potrebbero dimostrarsi pericolose per la salute umana, nel caso in cui superino una data concentrazione. Per fare un esempio, il cromo ha effetti negativi a livello neurologico e riproduttivo, ma la sua tossicità dipende dalla sua valenza, con il cromo esavalente notevolmente più tossico del cromo trivalente. I tubi in acciaio inossidabile hanno una certa resistenza alla corrosione ma, sul lungo termine, diventano suscettibili alla corrosione per vaiolatura (pitting), che forma strati sottili di depositi di corrosione. È stato evidenziato come i depositi di corrosione dell'acciaio inossidabile contengano un elevato quantitativo di composti di cromo.

La corrosione della matrice di ferro e la dissoluzione dei componenti di ferro divalente sono i motivi principali dell'aumento della concentrazione di ferro nell'acqua. Nelle acque con una forte capacità di buffering, Fe2+ reagisce prima con CO32- per formare FeCO3, che viene lentamente ossidato per formare un robusto strato protettivo sulla base di ferro, inibendo così la corrosione della matrice del metallo. Un altro fattore che può influenzare la corrosione del ferro è il pH. Nell'intervallo di pH dell'acqua potabile (6.0-9.0), infatti, prodotti di corrosione del ferro si depositano generalmente in forma solida sulla parete interna dei tubi, o sono rilasciati direttamente nell'acqua nella forma di ione ferroso. Alte concentrazioni di ioni solfato e ioni cloruro influenzano la conducibilità dell'acqua, e accelerano i processi di corrosione e rilascio del ferro. L'ossigeno disciolto gioca un ruolo controverso nei processi di corrosione del ferro, poiché può avere funzioni diverse a seconda delle condizioni. L'ossigeno è il principale accettore di elettroni nelle reazioni di corrosione e, in ragione di ciò, le accelera. Inoltre, può ossidare il Fe2+ generato dalla corrosione in ione ferrico (Fe3+), inibendo così il rilascio di ferro. In ogni caso, la corrosione del ferro può avvenire anche in condizioni anossiche. Le molecole organiche di grandi dimensioni possono, col tempo, ridurre il tasso di corrosione del ferro attraverso l'accumulo e la copertura della superficie interna dei tubi. La combinazione di materia organica e inorganica aiuta anche a formare uno strato protettivo più forte. La materia organica può, comunque, alterare il potenziale redox del sistema di reazione, aumentando così la concentrazione del ferro ferroso (o bivalente) solubile in acqua.

Tubatura corrosa

In questo strato anaerobico poroso, i batteri solfato riduttori (o solfobatteri) sfruttano le molecole organiche e l'idrogeno come fonti energetiche, riducendo il solfato in solfuro. Il solfuro può ridurre l'ossido di ferro, rilasciando Fe2+ in acqua. Il processo di formazione dello strato di corrosione nella rete d'acqua è ancora oggetto di numerose ricerche. Esiste, comunque, una ridotta quantità di metalli nei tubi di ghisa, come il manganese (Mn) e il rame (Cu). Questi precipitano o sono assorbiti nello strato di corrosione, formando altri sottoprodotti di corrosione, come MnO2 e CuO, attraverso una serie di reazioni di ossido-riduzione. Le tubature in ferro sono inoltre fonte di arsenico. Sia l'arsenico che il rame sono metalli pesanti che pongono seri problemi alla salute, di conseguenza le loro concentrazioni devono essere monitorate nei sistemi di distribuzione dell'acqua potabile.

I rischi chimici sono inoltre determinati da sottoprodotti di disinfezione, lisciviazione di materiali delle tubazioni e dei raccordi, composti chimici per il trattamento acque. I sottoprodotti della disinfezione sono composti organici e inorganici derivanti da reazioni chimiche tra biocidi chimici e sostanze organiche e inorganiche presenti nell'acqua.

È necessario tenere sempre presente che i sottoprodotti corrosivi della rete di tubazioni influiscono in modo significativo sul decadimento dei disinfettanti e sulla formazione di sottoprodotti della disinfezione.

Diversi studi mostrano come i sottoprodotti della corrosione del rame (come CuO, Cu2O e Cu2+) catalizzino il decadimento accelerato del cloro libero. CuO e NiO nella rete di tubazioni possono favorire la reazione di dismutazione dell'acido ipobromoso (HOBr), catalizzando così la formazione di BrO3-. Cu2+ può catalizzare la conversione di monocloramina a dicloramina in acqua. Per fare un altro esempio, il prodotto di corrosione delle tubature in piombo (PbO2) può ossidare la cloramina, rilasciando in questo modo Pb2+ in acqua. È importante notare come non esista una concentrazione sicura di piombo nell'acqua potabile. Per questo motivo, negli ultimi anni i tubi in piombo sono stati progressivamente sostituiti in tutto il mondo. In presenza di ione Br-, il manganese divalente potrebbe essere ossidato a MnO2 dal cloro libero, portando così al decadimento del disinfettante. I sottoprodotti della corrosione del rame possono portare alla formazione di trialometani tossici (THM). Cu2+ può aumentare la formazione di acidi acetici alogenati (HAA) e nitroso-dimetil-anilina (NDMA), entrambi serie minacce alla salute pubblica. La presenza di CuO può favorire simultaneamente la formazione di BrO3- e THM.
MnO2 può ossidare lo ione I- in in acqua a HOI/I2, che, quindi, reagisce con la materia organica in acqua a formare sottoprodotti di corrosione iodati ancor più tossici.
PbO2 può anche ossidare I- in acqua HOI/I2, successivamente trasformandosi in iodoformio (CHI3). Il tricloronitrometano (TCNM) nei sistemi di Fe2+/FeOOH e Fe2+/Fe3O4 è degradato attraverso una reazione di riduzione. Il tricloroacetonitrile (TCAN), il 1,1,1-tricloropropanone (1,1,1-TCP), ed il tricloroacetaldeide (TCAh) sono degradati attraverso idrolisi e riduzione. Il triclorometano (TCM) e l'acido tricloroacetico (TCAA), infine, non possono essere degradati.

 

Rischio microbiologico

Pseudomonas aeruginosa

La qualità dell'acqua nei sistemi di distribuzione dell'acqua potabile è di primaria importanza per la salute umana. L'acqua potabile con ridotta variazione nelle comunità batteriche tra il punto di produzione e il rubinetto può essere considerata biologicamente stabile. Di conseguenza, l'abbondanza e la composizione delle comunità microbiche nella rete idrica sono parametri chiave per consentire un accurato monitoraggio della composizione microbiologica dell'acqua potabile nel tempo e nello spazio. I problemi che si verificano in un impianto di trattamento dell'acqua potabile possono portare alla proliferazione di agenti patogeni opportunistici come Mycobacterium spp., Pseudomonas aeruginosa, e Legionella pneumophila, Da questa fonte, il batterio può diffondersi attraverso torri di raffreddamento, fontane e altri sistemi che spruzzano o nebulizzano acqua.

L'insediamento e la proliferazione di batteri sulle superfici interne delle tubazioni porta ad un fenomeno comunemente noto come "biofilm". Questo strato batterico porta comunemente a complicazioni tecniche durante la distribuzione, come incrostazioni nei tubi, biocorrosione e degrado della qualità dell'acqua.

 

Problematiche associate al biofilm nei sistemi di distribuzione dell'acqua potabile

Un biofilm maturo è costituito prevalentemente da batteri, funghi, protozoi e invertebrati. In particolare, la presenza delle amebe fornisce un habitat ideale per la proliferazione degli agenti patogeni.
Nei sistemi di distribuzione dell'acqua, il biofilm può essere responsabile di un'ampia gamma di problemi operativi e di qualità dell'acqua, come l'abbattimento dei residui di disinfettante, l'aumento dell'abbondanza batterica, la riduzione dell'ossigeno disciolto, il cambiamento del gusto e dell'odore, la corrosione microbiologica e le rugosità idraulica.
Il biofilm influenza la corrosione dei materiali dei tubi attraverso azioni metaboliche in quattro modi distinti:
(1) influenzando le reazioni anodiche o catodiche della corrosione;
(2) provocando vaiolature sulla superficie metallica;
(3) a causa dell'effetto corrosivo di alcuni metaboliti acidi;
(4) causando condizioni locali anaerobiche, promuovendo così la corrosione anaerobica.

I principali microbi associati alla biocorrosione dei tubi di ferro includono batteri che ossidano o riducono il ferro e batteri che ossidano o riducono i solfati.

Legionella

I biofilm consentono ai microrganismi di persistere e crescere in ambienti ostili in condizioni di scarso nutrimento. In questo ambiente protetto, le sostanze polimeriche extracellulari (EPS) forniscono una barriera contro disinfettanti e altre sostanze chimiche deleterie, microrganismi predatori e antibiotici. I biofilm sono il principale incubatore microbico sia nelle condotte nuove che in quelle più datate. Infatti, solo il 10% dei batteri totali vive liberi nel liquido, in forma planctonica. Alcuni patogeni, come Mycobacterium avium, Legionella pneumophila, Escherichia coli e Nitrosomonas spp. possono sopravvivere a lungo nel rifugio del biofilm ed entrare nell'acqua a seguito della disgregazione del biofilm. I batteri appartenenti al genere Nitrosomonas contribuiscono alla generazione di nitriti tossici.

Numerosi fattori estrinseci possono influenzare la formazione del biofilm, in particolare le condizioni idrauliche, l'età e il materiale delle tubazioni, il pH e la temperatura dell'acqua, la sua composizione chimica, i cambiamenti stagionali e molti altri. Generalmente, il biofilm e le particelle tendono ad accumularsi sul fondo del tubo e nelle aree a basso flusso. La porzione a valle delle tubazioni tende ad essere più ricca di biofilm rispetto alle porzioni a monte, anche dove i tubi sono più nuovi.

La sicurezza dell'acqua potabile non può essere garantita senza strategie efficaci per il monitoraggio e il controllo del biofilm. La Tecnologia ALVIM fornisce soluzioni all'avanguardia per il rilevamento e il monitoraggio del biofilm, in linea e in tempo reale. Un caso applicativo relativo al rilevamento del biofilm nelle reti di distribuzione idrica è disponibile qui.

 

Metodi di disinfezione

L'acqua potabile è una delle risorse più attentamente monitorate e regolamentate. Per produrre acqua potabile, le società idriche selezionano i trattamenti più adeguati in base alle caratteristiche dell'acqua grezza utilizzata dall'impianto. Normalmente, questi processi includono un trattamento sequenziale che impiega procedure come filtrazione e disinfezione.

La disinfezione primaria uccide o inattiva i microrganismi patogeni che potrebbero essere presenti nella fonte d'acqua prima che l'acqua sia immessa nella rete di distribuzione. Per preservare la qualità dell'acqua già trattata destinata alla distribuzione, limitando eventuali crescite incontrollate, viene applicata una disinfezione secondaria. Questa si basa comunemente sul dosaggio di un biocida chimico, comunemente cloro o cloramina. La popolazione di microbi che sopravvive al primo trattamento può, così, essere tenuta sotto controllo, e i microbi che risiedono nel biofilm risultano costantemente esposti ai residui di biocida.

Lo scopo del filtro a carbone attivo granulato (GAC) è quello di eliminare qualsiasi potenziale contaminazione microbica dall'acqua trattata con disinfettante primario. Tuttavia, a causa dell'elevata concentrazione di batteri bloccati da questi filtri, è noto come essi rappresentino un'arma a doppio taglio, poiché i batteri proliferano e formano biofilm proprio all'interno dei granuli e dei filtri, causando problemi di biofouling. Inoltre, diversi studi suggeriscono che il biofilm sui filtri GAC possa fungere da hotspot per i protozoi, comprese le amebe e gli agenti patogeni. Infatti, i biofilm creano comunità microbiche dove i protozoi trovano protezione contro disinfettanti e nutrimento, cibandosi di batteri.

Ci sono due questioni da considerare riguardo alla presenza di protozoi nell'acqua potabile. I protozoi possono formare oocisti altamente resistenti alla disinfezione con cloro - che è la principale strategia attualmente applicata all'acqua potabile. Per fare un esempio, l'inattivazione del 90% delle oocisti di Cryptosporidium può richiedere fino a 90 minuti di esposizione a 80 mg/L di cloro libero. Altre amebe pericolose includono Acanthamoeba castellanii, Hartmannella vermiformis, e Naegleria fowleri, comunemente sensazionalizzata come "ameba mangia-cervello". L'indicazione più allarmante riguarda l'acqua campionata da piscine clorate - tipicamente disinfettata con un'alta concentrazione di cloro - risultata positiva per H. vermiformis. Oltre ad essere essi stessi patogeni, sono stati segnalati batteri resistenti all'ameba (amoeba-resistant bacteria, ARB) in grado di eludere la fagocitosi e risiedere continuativamente all'interno dei protozoi ospiti. Tra questi, ci sono Legionella pneumophila, Mycobacterium avium e Pseudomonas aeruginosa. All'interno delle amebe, gli ARB sono maggiormente protetti dalla disinfezione e possono anche accrescere la loro virulenza.

Irraggiamento UV

Negli ultimi anni, la disinfezione ultravioletta (UV) è stata sempre più considerata come una possibile opzione per la disinfezione primaria. Il vantaggio principale dei raggi UV è l'assenza di sottoprodotti del cloro, una delle principali preoccupazioni nell'acqua potabile. D'altra parte, gli UV sono efficaci solo nel punto in cui vengono applicati, quindi possono essere un'opzione per trattare l'acqua, ma non per uccidere il biofilm nel sistema di tubazioni. A sua volta, il biofilm può svolgere un ruolo attivo nella prevenzione dei danni UV alle cellule batteriche, grazie al suo effetto protettivo. Studi condotti negli acquedotti svedesi suggeriscono, comunque, che il passaggio dalla disinfezione con cloro a quella UV non porti ad un cambiamento significativo nel biofilm, anche se è stato ipotizzato che l'aggiunta di monocloramina come disinfettante secondario possa aver influenzato questa osservazione.

Quando si tratta di disinfezione secondaria, va prestata particolare attenzione al mantenimento di un'adeguata concentrazione di disinfettante al termine della rete. Quando si utilizza cloro, libero, gli standard di sicurezza suggeriscono solitamente una concentrazione finale non inferiore a 0,5 mg/L. Tuttavia, come discusso in un altro white paper, il cloro residuo non è sufficiente per garantire una sanificazione efficiente. Inoltre, la formazione di sottoprodotti all'interno della rete merita particolare attenzione. I metaboliti della vita microbica all'interno dei biofilm, le sostanze polimeriche extracellulari secrete e gli organismi stessi aumentano il contenuto organico dell'acqua. Tale materiale organico può reagire con il cloro residuo formando sottoprodotti di disinfezione (disinfection by-products, DBP), con conseguente aumento della tossicità. Per fare un esempio, la reazione di P. aeruginosa con il cloro residuo genera trialometani, attraverso reazioni chimiche. Questi sottoprodotti hanno effetti cancerogeni, mutageni e teratogeni. In questo caso la scelta di un disinfettante diverso diventa una strategia fondamentale per evitare la formazione di pericolosi DBP all'interno del sistema di distribuzione.

Per tale motivo, le cloramine sono talvolta applicate come disinfettante secondario. Per la monocloramina, gli standard di sicurezza suggeriscono solitamente una concentrazione finale non inferiore a 2 mg/L. È noto come le cloramine penetrino nel biofilm meglio del cloro. A titolo di esempio, la monocloramina può penetrare in un biofilm nitrificante fino a 170 volte più velocemente del cloro. Va considerato che il cloro è per sua natura altamente ossidante e reagisce facilmente con le macromolecole presenti negli EPS, quali carboidrati e proteine. Pertanto, la sua minore penetrazione potrebbe essere il risultato di una rapida reazione con i componenti del biofilm, piuttosto che la conseguenza di una limitata diffusione all'interno del biofilm. Tuttavia, va tenuto presente che la penetrazione non corrisponde alla perdita di vitalità cellulare - e alcuni studi suggeriscono che il cloro sia più efficace della cloramina, quando raggiunge l'obiettivo.

Il biofilm rappresenta una 
minaccia per la qualità dell'acqua

I vantaggi derivanti dall'utilizzo della cloramina potrebbero essere contrastati da alcuni svantaggi. Le cloramine vengono prodotte in situ, dalla reazione tra cloro libero e ammoniaca. La presenza di ammoniaca libera rappresenta un importante vantaggio selettivo per i batteri Nitrosomonas che si nutrono di ammoniaca per produrre nitriti, causando problemi di nitrificazione e decadimento delle cloramine. La nitrificazione è un processo microbiologico in due fasi, in cui l'ammoniaca viene prima ossidata a nitrito dai batteri ammonio-ossidanti e, successivamente, il nitrito viene ossidato a nitrato dai batteri. Studi recenti hanno riportato che, oltre al pH e ai nitriti, i prodotti microbici solubili accelerano significativamente il decadimento delle cloramine, catalizzando i processi di autodecomposizione e ossidazione dei nitriti nelle acque clorate.

Qualunque sia il trattamento, va sempre considerato che uccidere i microrganismi non equivale a pulire. Senza la rimozione dell'EPS adesivo, la matrice del biofilm può essere presente anche dopo aver ucciso i microrganismi che l'hanno formata, e i residui di cellule morte possono nutrire i microbi sopravvissuti alla disinfezione. Pertanto, anche con una quantità minima di nutrienti nell'acqua il biofilm può persistere nei tubi.

Nei biofilm di diversa età, il metodo di disinfezione applicato può portare allo sviluppo di diverse comunità batteriche. Monitorare i cambiamenti nella comunità microbica nei DWDS è importante per comprendere ulteriormente i meccanismi di selezione e ricrescita microbica.

 

Conclusioni

La qualità dell'acqua potabile è strettamente correlata alla vita e alla salute delle persone. Con lo sviluppo economico e il miglioramento del tenore di vita aumenta anche la domanda di acqua potabile da parte della popolazione. Fornire acqua potabile sicura, pulita e sana alle persone risulta di estrema importanza strategica. Attualmente, molti paesi stanno compiendo grandi sforzi per promuovere la costruzione di impianti municipali di acqua potabile di qualità elevata.

Durante il trasporto, gli indici di qualità dell'acqua come torbidità, colore, numero totale di batteri e contenuto di metalli pesanti possono cambiare, a causa di reazioni chimiche e biochimiche con tubi, apparecchiature, microrganismi, materia organica e inorganica. Prevenire il deterioramento dell'acqua potabile nella rete di condotte e trasportarla in sicurezza agli utenti finali è ancora un problema.

In alcuni Paesi risulta sempre più accettata l'idea che non sia possibile eliminare completamente il biofilm dalle reti di distribuzione idrica. Pertanto, alcuni servizi idrici mirano semplicemente a mantenere la proliferazione batterica al di sotto di una determinata soglia. Quest'idea, però, non sembra essere supportata da evidenze scientifiche, poiché il biofilm rappresenta l'ambiente ideale per la sopravvivenza e la proliferazione degli agenti patogeni, e non è possibile prevedere l'esatta composizione delle specie batteriche che compongono il biofilm.

Come discusso, la presenza di biofilm nei tubi di distribuzione dell'acqua potabile diventa parte di un circolo vizioso autoalimentato, poiché facilita la corrosione della superficie interna dei tubi e gioca un ruolo nella formazione di DBP. Prevenire la crescita e la ricomparsa del biofilm è essenziale per preservare la qualità dell'acqua, la salute e la sicurezza dei consumatori e, in definitiva, per rallentare la corrosione dei tubi. Grazie alla Tecnologia ALVIM, è possibile sapere in tempo reale quando inizia a formarsi il biofilm, verificare l'efficacia dei disinfettanti e ottimizzarne il dosaggio, con un notevole vantaggio economico. Allo stesso tempo, ciò consente di limitare la formazione di DBP.

 

 

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Contaminazione batterica nel settore alimentare   [Scarica questo white paper come file PDF]

Nella produzione di alimenti e bevande risulta fondamentale prestare attenzione all'igiene di ambienti e impianti, poiché batteri e altri microrganismi possono proliferare molto rapidamente. All'interno di tubature e cisterne i microrganismi si possono trovare flottanti nel liquido (forma planctonica) o, più comunemente, insediati sulle superfici ("biofilm"). Il biofilm è una complessa comunità di microrganismi, principalmente batteri, adesi ad una superficie grazie a sostanze polimeriche extracellulari (EPS) secrete dai microrganismi stessi. Questa forma di vita sessile rappresenta un'eccellente tecnica di sopravvivenza, dato il numero di vantaggi strategici che offre, anche negli impianti di produzione alimentare. Questa è la ragione per la quale più del 90% dei batteri vive nel biofilm, anziché liberi nel liquido.

Biofilm batterico precoce osservato al microscopio elettronico

Grazie alla sua struttura, il biofilm protegge i microrganismi da disinfettanti ed attacchi fisici. Infatti, la diffusione delle sostanze chimiche e l'accesso da parte degli agenti fisici risulta fortemente limitato dalla matrice di EPS. Le comunità presenti nel biofilm sono solitamente formate da un'ampia varietà di specie batteriche in grado di scambiarsi materiale genetico, acquisendo in questo modo caratteristiche diverse, attraverso il meccanismo noto come "trasferimento genico orizzontale". I batteri che vivono all'interno del biofilm spesso "collaborano", ad esempio modificando la composizione chimica della matrice extracellulare al fine di acquisire una migliore resistenza agli agenti antimicrobici. In altri casi, il consumo di ossigeno da parte delle specie aerobiche crea un ambiente favorevole per i batteri anaerobi. Nell'industria alimentare, i prodotti freschi possono essere particolarmente vulnerabili alla formazione di biofilm costituito da specie patogene (Aeromonas hydrophila, Listeria monocytogenes, Salmonella enterica, Vibrio spp. e altri). Inoltre, i batteri che vivono nel biofilm possono provocare la corrosione delle tubature metalliche, portando a problemi economici e sanitari significativi. I biofilm sono in grado di aderire a un'ampia varietà di materiali, con composizione diversa. I materiali presenti all'interno delle industrie alimentari, come legno, vetro, acciaio inossidabile, polietilene, gomma, polipropilene, etc., funzionano bene come substrato artificiale per questi agenti patogeni. Controllare la formazione di biofilm può essere estremamente difficile, quando si tratta di selezionare la migliore strategia.

Per tale ragione sono necessarie tecniche accurate per il rilevamento precoce del biofilm, al fine di valutare la necessità e l'efficacia dei trattamenti sanificanti, volti ad evitare contaminazioni e garantire la sicurezza alimentare.

 

Problematiche associate ai batteri nella produzione di alimenti e bevande

Nella produzione alimentare i batteri flottanti nel liquido e, ancor più, quelli presenti nel biofilm sono responsabili di numerosi problemi, tra i quali la degradazione dei macchinari, l'aumento dei costi energetici, il deterioramento dei prodotti e le eventuali ricadute sulla salute dei consumatori. Con l'andare del tempo, i biofilm presenti nelle industrie alimentari, ad esempio quelle legate alla lavorazione di latticini, carne e pollame, pesce, birra, sono risultati essere più resistenti alle disinfezioni. Come precedentemente discusso, il biofilm è fino a 1000 volte più resistente ai trattamenti di sanificazione rispetto ai batteri planctonici, pertanto rimuoverlo dalle superfici degli impianti di produzione alimentare non è affatto semplice.

Salmonella

Le moderne linee di lavorazione alimentare sono un ambiente ideale per la formazione di questo strato batterico, principalmente a causa della complessità degli impianti di produzione, dei lunghi periodi di produzione, dei volumi prodotti e delle ampie superfici disponibili per la colonizzazione da parte dei microrganismi. Molti batteri potenzialmente presenti negli alimenti, compresi Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, Campylobacter jejuni, Salmonella spp., Staphylococcus spp., Bacillus cereus, e Escherichia coli possono quindi legarsi alle superfici di contatto in queste aree, aumentando il rischio per i consumatori finali. Come riportato dal National Institutes of Health, circa l'80% delle infezioni batteriche negli Stati Uniti è associato ai biofilm.

I componenti della matrice alimentare negli ambienti di lavorazione possono influenzare l'adesione batterica. Residui alimentari, come il latte e gli essudati di carne, ricchi di grassi, proteine e carboidrati, facilitano la crescita e la proliferazione dei microrganismi. Al fine di limitare il più possibile la contaminazione microbiologica degli impianti e delle attrezzature di produzione alimentare, risultano essenziali un design igienico e protocolli adeguati. A tal fine, le apparecchiature devono essere progettate in modo da evitare lacune, fessure e zone morte, dove i microrganismi possano rifugiarsi e crescere. Ciò è estremamente rilevante durante la produzione, quando i microrganismi possono crescere molto rapidamente in condizioni favorevoli. Il biofilm permette ai batteri di legarsi a svariati materiali, inclusi gomma, plastica, vetro, acciaio inossidabile e prodotti alimentari, nell'arco di pochi minuti. Più ruvida è la superficie, più facile è l'insediamento batterico. Successivamente può svilupparsi un biofilm maturo in pochi giorni - o, addirittura, in poche ore. Di conseguenza, materiali e superfici giocano un ruolo chiave nella prevenzione del biofilm.

 

Metodi di rilevamento

La presenza di diversi microrganismi, come Pseudomonas ssp., nei sistemi di lavorazione degli alimenti è comunemente dovuta a procedure igieniche inadeguate. Fortunatamente, nell'ultima decade, l'industria alimentare ha beneficiato di nuovi metodi rapidi per la valutazione dello stato igienico delle superfici di lavorazione degli alimenti. Sono disponibili diverse tecniche per valutare qualitativamente e quantitativamente sia i batteri che flottano liberamente che il biofilm - e ciascun metodo è utile per valutare un aspetto peculiare. Considerando la complessità e l'eterogeneità della struttura del biofilm, risulta necessario definire a priori l'obiettivo esatto dell'indagine. La quantità di EPS, il numero totale di cellule batteriche o il numero effettivo di batteri vivi devono essere considerati come obiettivi diversi, che richiedono approcci distinti. Si consideri che il volume del biofilm è rappresentano in larga parte dalla matrice extracellulare (65-95%), costituita principalmente di proteine, quindi polisaccaridi (1-2%), molecole di DNA (<1%), RNA (<1%) e ioni (legati e liberi). Il rilevamento dei batteri è stato trattato in maniera dettagliata in un precedente white paper.

 

Tecniche di laboratorio

Coltivazione di batteri su piastre Petri

La stima del numero totale di batteri (total viable count, TVC) è la tecnica più utilizzata per quantificare l'abbondanza di batteri in un campione, di un liquido o prelevato da una superficie. Il motivo principale è che questa tecnica è semplice e non richiede attrezzature speciali. Vengono preparate diluizioni seriali del campione originale, le quali vengono poi piastrate su terreno agar. Il numero di unità formanti colonia (UFC) che crescono fornisce un'indicazione approssimativa dell'abbondanza batterica nel campione. L'analisi di batteri specifici può essere effettuata utilizzando terreni selezionati.

Questo metodo presenta notevoli inconvenienti e limitazioni. Innanzitutto il campione, sia di liquido che di biofilm, potrebbe non risultare rappresentativo della popolazione reale. In secondo luogo, può accadere che solo l'1% dei batteri presenti in un campione cresca su terreni di coltura di laboratorio. Inoltre, in alcuni casi può essere presente una vasta percentuale di cellule vitali ma non coltivabili (VBNC), che non possono essere rilevate mediante tecniche di coltura. Tutti questi punti possono portare ad un'ampia sottostima.

L'applicazione della citometria a flusso accoppiata ai fluorofori selezionati può rappresentare una valida alternativa, poiché con questa tecnica è possibile distinguere cellule totali, morte e VBNC.

Osservazione al microscopio

La microscopia è un'altra tecnica ampiamente utilizzata in laboratorio, per studiare campioni prelevati dal processo. La microscopia a epifluorescenza, applicata a cellule marcate con un colorante fluorescente, fornisce un'ampia varietà di informazioni. Varie strutture cellulari possono fungere da target, in particolare la membrana cellulare, i nucleotidi e le proteine.

Possono essere utilizzate anche tecniche più avanzate, come la microscopia confocale a scansione laser (CLSM), la spettrometria di massa, la microscopia elettronica, la spettroscopia Raman, per ottenere informazioni complementari.

Il metodo Live/Dead, adatto per l'utilizzo in microscopia a epifluorescenza, CLSM, fluorometria e citometria a flusso, si basa sull'impiego di due diversi coloranti fluorescenti. Il primo colorante verde attraversa tutte le membrane batteriche e si lega al DNA sia dei batteri Gram-positivi che Gram-negativi. Il secondo, rosso, attraversa solo le membrane batteriche danneggiate. I batteri vivi emettono, dunque, fluorescenza in verde, mentre i batteri morti emettono fluorescenza in rosso. L'efficienza di entrambe le colorazioni è condizionata da alcuni fattori, quali l'affinità di legame del reagente alle cellule, lo stato fisiologico cellulare, la concentrazione del reagente, la temperatura ed il tempo di incubazione.

I sistemi di identificazione basati sugli acidi nucleici, comunemente noti come tecniche molecolari, possono migliorare significativamente la sensibilità, la specificità e la velocità dei test. Queste metodologie sono altamente affidabili e consentono una rapida individuazione di agenti patogeni negli alimenti. Tra queste, la più conosciuta è sicuramente la PCR, che permette di amplificare e rilevare una specifica sequenza di DNA, anche se presente in singola copia. Pertanto, la PCR può teoricamente rilevare anche un singolo microrganismo patogeno in un campione.

Sono stati sviluppati anche saggi PCR in tempo reale per il rilevamento rapido e la quantificazione di specifici batteri.

Sono disponibili ulteriori tecniche per quantificare il DNA, ciascuna con i propri vantaggi e svantaggi, oltre a diversi volumi di campione, attrezzature e requisiti.

La spettrofotometria UV, che utilizza l'assorbanza a 260 nm, è stata per decenni il metodo preferenziale per quantificare DNA e RNA. Risulta semplice e conveniente da usare, poiché non è richiesto alcun ulteriore trattamento del campione o reazione con altre sostanze. L'assorbanza dei campioni di DNA a 260 nm è comunemente misurata utilizzando uno spettrofotometro per microvolumi, ma è possibile utilizzare anche uno spettrofotometro a cuvetta o un lettore di micropiastre. Tuttavia, la spettrofotometria UV non risulta particolarmente specifica, poiché misura tutti gli acidi nucleici. È, inoltre, sensibile ai contaminanti. L'uso di coloranti fluorescenti consente la quantificazione del DNA con una sensibilità notevolmente più elevata (fino a 100x) rispetto alla misurazione dell'assorbanza del DNA stesso. Inoltre, coloranti specifici possono essere utilizzati per marcare tipi specifici di acido nucleico, aumentando così la specificità della quantificazione e riducendo l'impatto dei contaminanti. La misurazione della fluorescenza viene eseguita utilizzando un lettore di micropiastre o un fluorimetro a tubo singolo. Va notato che i metodi basati sulla fluorescenza sono più costosi della misurazione dell'assorbanza a 260 nm e, spesso, è richiesta la preparazione di una curva standard.

Un approccio più avanzato per studiare l'intera comunità microbica presente in una linea di produzione o in un prodotto finito si basa sulla metagenomica. Questa categoria comprende molte tecniche diverse che consentono di sequenziare il genoma di tutti i microrganismi presenti in uno stesso campione, identificandoli fino al livello di specie, nel migliore dei casi. Molti di questi organismi possono essere difficili da coltivare e identificare in laboratorio e la metagenomica aiuta a superare questo problema. La metagenomica non fornisce informazioni quantitative su ciascun gruppo di microrganismi, ma solo sulla loro abbondanza relativa. Un tempo queste tecniche erano utilizzate solo nella ricerca scientifica ma, grazie al calo del loro costo negli ultimi anni, sono diventate accessibili anche per applicazioni industriali.

 

Tecniche di campo

Utilizzando i principi della bioluminescenza dell'adenosina trifosfato (ATP), sono stati sviluppati metodi rapidi per applicazioni sul campo, basati sulla crescita microbica e sul metabolismo. Questo composto organico fornisce l'energia richiesta da molti processi nelle cellule viventi (inclusi i microrganismi), quindi è spesso indicato come "l'unità di valuta molecolare" del trasferimento di energia intracellulare. Il test è in grado di rilevare la quantità di ATP su una superficie, all'interno di un sistema di lavorazione degli alimenti, nonché nei campioni di prodotto. L'ATP reagisce con il complesso enzimatico luciferina-luciferasi, che trasforma l'energia chimica in luce, misurabile da un luminometro. Il risultato è espresso in unità luminose relative (Relative Light Units, RLU). Maggiore è la quantità di ATP in un campione, maggiore è l'emissione luminosa espressa in RLU.

Poiché questo metodo è veloce e richiede solo un piccolo e pratico dispositivo portatile, ha acquisito una significativa base di utenti nell'industria alimentare.

Si ritiene, comunemente, che il metodo della bioluminescenza dell'ATP sovrastimi la reale contaminazione microbiologica poiché, in alcuni casi, potrebbero essere rilevate anche cellule morte. Inoltre, non fornisce informazioni specifiche sui microrganismi e risulta avere una bassa affidabilità su superfici naturalmente contaminate. Per quest'ultimo motivo, viene comunemente applicato su superfici pulite.

Sensore di biofilm ALVIM

Si deve considerare che i test chimici rapidi non sostituiscono direttamente i test microbiologici, ma forniscono informazioni complementari, che dovrebbero essere utilizzate come parte di una strategia integrata.

Un nuovo approccio è offerto dai Sensori di Biofilm ALVIM. Monitorando in linea e in tempo reale la crescita batterica sulle superfici, sin dalla sua prima fase, le sonde ALVIM consentono di prevenire i problemi legati al biofilm, inclusa la contaminazione microbiologica delle linee di produzione e dei prodotti finiti. Al tempo stesso, questa Tecnologia consente di verificare l'efficacia dei trattamenti di sanificazione, come discusso in specifici casi applicativi relativi alla produzione di alimenti, bibite, e imbottigliamento di acque minerali.

 

Metodi di sanificazione

Per prevenire i rischi legati ai batteri menzionati, nell'industria alimentare è necessario attuare rigorose procedure igieniche e di controllo. Con lo sviluppo di nuovi prodotti e nuove tecnologie e rilevanti scambi tra Paesi, il rischio di focolai di malattie di origine alimentare è sempre più elevato.

Il sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) e le buone pratiche di produzione sono stati sviluppati per garantire la sicurezza e la qualità degli alimenti. Come discusso in un precedente white paper, i biofilm batterici non sono menzionati direttamente nella maggior parte dei sistemi HACCP utilizzati negli impianti di lavorazione degli alimenti, e ciò rappresenta una grave carenza, poiché la maggior parte dei batteri che si possono trovare in un processo vive nel biofilm.

Detergenti e disinfettanti sono ampiamente utilizzati nell'industria alimentare

La strategia più diffusa per il controllo della proliferazione batterica nel settore alimentare è la sanificazione chimica, che combina detergenti e disinfettanti.

I detergenti alcalini e acidi eliminano i residui organici e inorganici dalle superfici. I disinfettanti eliminano patogeni e microrganismi responsabili del deterioramento dei prodotti, o ne riducono la presenza a livelli accettabili.

I disinfettanti più comunemente utilizzati nell'industria alimentare sono perossidi (acido peracetico e perossido di idrogeno), ipoclorito di sodio, composti di ammonio quaternario (QAC), composti anfoteri, aldeidi (formaldeide, glutaraldeide, paraformaldeide) e composti fenolici. Questa lista di prodotti non ha subito variazioni da molti anni. Più recentemente, le alchilammine e il biossido di cloro sono stati inseriti nei programmi di disinfezione.

L'acido peracetico (PAA) è ampiamente utilizzato dall'industria alimentare per controllare la proliferazione batterica. Il suo effetto antimicrobico è attribuito all'ossidazione dei gruppi tiolici nelle proteine, alla rottura delle membrane e al danneggiamento delle basi nel DNA. È stato dimostrato come il suo utilizzo aumenti la sensibilità delle spore batteriche al calore. L'efficacia e la sicurezza ambientale dell'acido peracetico ne fanno un agente disinfettante particolarmente idoneo all'uso industriale.

Nell'industria alimentare, l'ipoclorito di sodio (NaCIO) è uno dei disinfettanti più diffusi; reagisce con un'ampia gamma di molecole biologiche, come proteine, amminoacidi, lipidi, peptidi e DNA. La sua reazione produce sia acido ipocloroso (HOCl) che ione ipoclorito (ClO-), che sono forti agenti ossidanti che uccidono le cellule grazie alla loro capacità di attraversare la membrana cellulare. Tuttavia, l'ipoclorito di sodio presenta alcuni svantaggi (intervallo di pH e temperatura, sottoprodotti, ecc.) che spesso fanno preferire agli utenti altri prodotti disponibili sul mercato.

L'ammonio quaternario e i suoi composti, come benzalconio cloruro, cetrimide, didecildimetilammonio cloruro e cetilpiridinio cloruro, sono detergenti cationici. Riducono la tensione superficiale e formano micelle per portare alla dispersione in un liquido. Interagiscono non solo con la membrana cellulare dei batteri, ma anche con quella del lievito. La loro attività idrofobica li rende efficaci anche contro i virus. All'interno delle cellule microbiche, i QAC interagiscono con i bersagli intracellulari e si legano al DNA. Tuttavia, la loro efficacia è ancora messa in dubbio data la comparsa di una resistenza relativamente elevata in Listeria monocytogenes, Staphylococcus, e Pseudomonas isolati dai prodotti alimentari e dall'ambiente di lavorazione degli alimenti.

Negli ultimi anni, i trattamenti enzimatici sono stati sempre più utilizzati. Queste sostanze distruggono la matrice EPS del biofilm, aumentando così l'efficacia dei disinfettanti tradizionali. Tra i loro vantaggi vi sono la bassa tossicità e la biodegradabilità, ma il costo e i requisiti tecnici (temperatura, tempo di contatto) risultano in parte limitanti.

Batteriofago

 

L'uso di batteriofagi per eliminare i batteri nelle applicazioni industriali è stato studiato per decenni. I batteriofagi sono virus che attaccano solo i batteri. Sono specifici di diversi sierotipi o ceppi microbici e sono parassiti obbligati, con un parassitismo genetico. Infatti, i batteriofagi sfruttano le cellule batteriche per replicarsi e, quando il processo è completo, distruggono la cellula ospite. Ciò significa che un'infezione da batteriofago può distruggere un'intera colonia batterica. Negli ultimi anni la FDA statunitense ha approvato i batteriofagi per combattere la presenza di L. monocytogenes negli alimenti.

 

Irradiazione UV

L'applicazione della radiazione UV per la sterilizzazione è stata una pratica accettata sin dalla metà del XX secolo. È stato utilizzata per la prima volta in medicina, per il trattamento degli strumenti. I raggi UV possono essere suddivisi in diverse categorie; in particolare, quella a lunghezza d'onda corta (UVC) è considerata germicida. Infatti, a determinate lunghezze d'onda, i raggi UV risultano dannosi per batteri, virus e altri microrganismi. Alla lunghezza d'onda di 254 nm l'UV distrugge i legami molecolari del DNA, rendendo innocui i microrganismi, impedendone la crescita e la riproduzione. I microrganismi hanno una scarsa protezione dai raggi UV e non possono sopravvivere a un'esposizione prolungata.

L'efficacia della radiazione dipende da molti fattori: tempo di esposizione, variazioni della potenza della sorgente UV, che influisce sulla lunghezza d'onda elettromagnetica, presenza di particelle in grado di proteggere i microrganismi dai raggi UV e resistenza specifica dei microrganismi. In molti sistemi l'efficacia è aumentata dalla circolazione ripetuta dell'acqua sotto la sorgente UV, per accrescere la probabilità che la radiazione ultravioletta colpisca i microrganismi, irradiandoli più volte.

L'irradiazione UV viene generalmente utilizzata per sterilizzare acqua pulita, come l'acqua potabile e l'acqua distillata. Anche l'acqua utilizzata nell'industria alimentare può essere efficacemente sterilizzata dai raggi UV. Tuttavia, questa tecnica non può essere considerata efficace quanto i biocidi, soprattutto quando si tratta di biofilm. Infatti, l'irradiazione UV viene applicata ai batteri planctonici, e potrebbe quindi non risultare utile per eliminare il biofilm, nel caso in cui questo si formasse lontano dalla sorgente UV, non essendo in questo caso influenzato dal trattamento.

 

Conclusioni

I biofilm sono diventati una delle maggiori preoccupazioni nell'industria alimentare negli ultimi 30 anni. Questo argomento risulta estremamente importante a causa delle potenziali contaminazioni alimentari derivanti dal biofilm, poiché esso risulta fino a 1000 volte più resistente alla sanificazione rispetto alla sua controparte planctonica ed è responsabile di oltre il 20% dei casi di intossicazione alimentare. Molte specie batteriche hanno la capacità di formare biofilm, aumentando in questo modo la propria resistenza ad ambienti ostili, antibiotici e disinfettanti. Per questi motivi, è essenziale che l'industria alimentare metta in atto protocolli di pulizia e disinfezione volti a prevenire il biofilm, eliminandolo non appena inizi a formarsi. Infatti, una volta che questo strato microbico sia maturo può rivelarsi quasi impossibile da eliminare. Le nuove tecnologie attualmente disponibili per il rilevamento del biofilm nell'industria alimentare, in particolare quelle che consentono una rilevazione in linea e in tempo reale, ove possibile dovrebbero essere sempre applicate, per ottenere un allarme precoce ed applicare il trattamento più appropriato in maniera tempestiva.

 

 

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Prevenzione Legionella   [Scarica questo white paper come file PDF]

Legionella è un batterio aerobico Gram negativo, flagellato, a forma di bastoncello, largo 0.5 µm e lungo 2 µm. Il suo nome deriva dall'epidemia che si diffuse nell'estate del 1976, durante un raduno di veterani della Legione Americana, a Philadelphia. L. pneumophila, originariamente isolata durante questa epidemia, è tutt'ora responsabile della maggior parte delle infezioni. È l'agente causale di una forma di polmonite potenzialmente fatale, nota come malattia dei Legionari.

Nell'ambiente è un batterio ubiquitario, di norma rinvenuto nelle acque dolci come patogeno intracellulare delle amebe, e nel biofilm. Gli esseri umani vengono infettati da L. pneumophila inalando aerosol da queste fonti d'acqua contaminate. Successivamente i batteri si replicano all'interno dei macrofagi alveolari, causando una forma grave di polmonite.

 

Habitat

L. pneumophila si trova comunemente nelle acque sorgive - incluse quelle termali - fiumi, laghi e fanghi, sopravvivendo sia in forma planctonica che come parassita intracellulare dei protozoi. Studi recenti suggeriscono che questo batterio sia parte naturale dell'ambiente acquatico e che sia in grado di sopravvivere in condizioni ambientali estreme. Lo strato di batteri che ricopre qualsiasi superficie in contatto con i liquidi, comunemente conosciuto come biofilm, è una nicchia ecologica ampiamente diffusa all'interno della quale prolifera Legionella. Temperatura elevata, contenuto organico ed inorganico dell'acqua e presenza di protozoi ospiti giocano un ruolo chiave nella crescita e nella diffusione di questo batterio. La temperatura ottimale per la sopravvivenza e crescita di Legionella è compresa tra 30-40 °C.

Dagli ambienti naturali, Legionella raggiunge facilmente quelli artificiali, come impianti idrici, serbatoi d'acqua, tubature, fontane e piscine, che possono agire come incubatori per questo microrganismo, creando delle condizioni potenzialmente pericolose per la salute umana. I sistemi di acqua calda, in particolare, forniscono un habitat ideale per la crescita del batterio. La presenza di bracci morti e punti di stagnazione negli impianti idrici rappresentano ulteriori fattori di rischio. È stato, inoltre, dimostrato come il materiale dei tubi influenzi la concentrazione batterica. L'utilizzo del rame come materiale dell'impianto idraulico potrebbe aiutare a minimizzare il rischio di malattia dei Legionari, mentre i materiali in plastica sembrano supportare un'elevata abbondanza di L. pneumophila.

 

Legionella

Pericolo per la salute umana

L'infezione umana avviene esclusivamente attraverso l'inalazione di goccioline di acqua contaminata, che possono essere prodotte da sistemi di condizionamento dell'aria, torri di raffreddamento, vasche idromassaggio, spa, fontane e soffioni delle docce, tra gli altri. Diversi studi hanno dimostrato una stagionalità delle infezioni, con una frequenza più elevata durante l'estate.

Le malattie causate da Legionella sono collettivamente chiamate Legionellosi. La malattia dei Legionari è la forma polmonare di legionellosi, con un periodo d'incubazione compreso tra 2 e 10 giorni, mentre la forma influenzale di legionellosi è chiamata febbre di Pontiac. Il tasso di mortalità nei pazienti affetti da malattia dei Legionari adeguatamente curata varia dal 7% al 24%, dove i pazienti anziani e immunocompromessi risultano maggiormente vulnerabili. La malattia comincia con tosse lieve, malessere generale, dolore muscolare, febbre e disturbi gastrointestinali. Le manifestazioni più tardive della malattia sono febbre alta, alveolite e bronchiolite. In ragione dell'incremento nel numero di persone anziane e immunocompromesse verificatosi nell'arco degli ultimi decenni, è cresciuto il numero di persone particolarmente esposte all'infezione da Legionella.

 

Legionella e biofilm

L. pneumophila si replica all'interno dei protozoi, mentre la sua colonizzazione e persistenza nell'ambiente sono mediate dalla presenza di biofilm. Vi sono ormai numerose evidenze che dimostrano come alcune epidemie di legionellosi siano correlate alla presenza di biofilm. Dunque, prevenire la formazione di biofilm risulta una strategia chiave per ridurre la possibile contaminazione degli impianti idrici.

Il biofilm è l'ambiente ideale per la proliferazione della Legionella

Recenti studi indicano come la crescita di Legionella all'interno del biofilm possa condurre all'aumento della sua virulenza. Inoltre, dati preliminari suggeriscono che L. pneumophila derivante dal biofilm evada la risposta immunitaria innata dei macrofagi. Poiché la legionellosi non è trasmessa da persona a persona, approfondimenti sull'ecologia di L. pneumophila possono fornire informazioni potenzialmente utili per prevenire la colonizzazione dei sistemi antropogenici. In assenza di superfici abiotiche disponibili, L. pneumophila potrebbe aderire ai protozoi presenti all'interno del biofilm flottante. Lo stadio intracellulare di Legionella all'interno dei protozoi fornisce protezione da vari fattori di stress, incluso il trattamento con il calore e i biocidi utilizzati per disinfettare gli impianti idrici.

A causa di queste minacce, e della resilienza di Legionella rinvenuta nel biofilm, c'è un grande interesse riguardo il miglioramento dei metodi utilizzati nell'eradicazione del biofilm stesso, potenziale rifugio per questo patogeno. Essendo virtualmente impossibile sapere se il biofilm presente in un sistema idrico ospiti L. pneumophila, l'unico approccio sicuro è quello di eliminare qualunque biofilm appena inizi a formarsi.

 

Prevenzione della legionellosi

Non essendo mai stata osservata trasmissione da persona a persona, la prevenzione delle infezioni da Legionella è focalizzata sull'eliminazione del patogeno dalle forniture idriche. Negli Stati Uniti e in Unione Europea è obbligatorio monitorare regolarmente le concentrazioni di Legionella nelle aree ad alto rischio, come i reparti di terapia intensiva. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sviluppa, aggiorna e diffonde linee guida, migliori pratiche, norme e standard volti a supportare le regolamentazioni a livello nazionale, in particolare per la sicurezza delle acque potabili, approcci di sorveglianza efficaci, qualità delle acque a scopo ricreativo, sicurezza sanitaria e utilizzo sicuro delle acque reflue. Diverse Nazioni hanno emanato regolamenti inerenti il limite massimo degli "inquinanti microbiologici", compresa Legionella, nelle acque destinate al consumo umano. Allo scopo di tutelare la salute umana dagli effetti avversi derivanti dal consumo di acque contaminate, la Direttiva Europea 2184/2020 indica la massima concentrazione dei microrganismi, patogeni - anche in questo caso è compresa Legionella - ed altre sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana.

Attualmente, i test rapidi per Legionella rappresentano il metodo più veloce e semplice per individuare questo patogeno, sia nelle acque che nel biofilm. Alti livelli di Legionella implicano la necessità di una decontaminazione appropriata, seguita da manutenzione peridiodica degli impianti idrici, per prevenire ulteriori epidemie.

Negli ultimi anni sono stati descritti diversi metodi per il controllo della crescita di Legionella negli impianti di acqua potabile e torri di raffreddamento, come il trattamento termico, il trattamento con luce ultravioletta, l'ozonizzazione, la ionizzazione di metalli e i biocidi.

Sfortunatamente, la diminuzione del trasferimento termico e della penetrazione dei biocidi all'interno del biofilm, così come i tratti di tubature non utilizzati degli impianti idraulici, spesso limitano l'efficacia della disinfezione. L'interazione con le amebe offre, inoltre, riparo a Legionella. Ciò rappresenta un'ulteriore complicazione, poiché questi protozoi possono sviluppare resistenza ai biocidi.

 

Conclusioni

Negli ultimi 50 anni è stato dimostrato come Legionella sia ampiamente diffusa sia in ambiente naturale che nelle strutture create dall'uomo. Rappresentando una potenziale minaccia per la salute umana, risulta essenziale prevenirne la diffusione. Il biofilm è l'ambiente ideale per la sopravvivenza e la crescita di questo patogeno, dunque il suo monitoraggio e la sua eliminazione giocano un ruolo chiave nelle strategie di prevenzione. Questo concetto è particolarmente importante per quanto riguarda le acque destinate al consumo umano, e laddove il pubblico possa entrare in contatto con l'aerosol prodotto dall'acqua.

Individuando il biofilm sin dalle sue prime fasi di crescita, la Tecnologia ALVIM permette di applicare i trattamenti sanificanti quando i batteri risultano più facili da eliminare, prevenendo in questo modo la proliferazione di pericolosi patogeni.

 

 

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Torri di raffreddamento   [Scarica questo white paper come file PDF]

Le torri di raffreddamento (TR) sono da sempre considerate i sistemi di dissipazione del calore più affidabili, consolidati ed efficienti disponibili sul mercato. Sono macchine molto semplici, che vengono utilizzate per il raffreddamento dell'acqua nei processi industriali. Le torri di raffreddamento fanno anche parte dei sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria negli edifici. Il loro scopo è raffreddare e trattenere l'acqua utilizzata per dissipare il calore dagli scambiatori di calore. L'acqua fredda viene pompata fuori dalla TR per assorbire il calore dagli scambiatori termici, quindi, come acqua calda, entra nella parte superiore della torre per essere raffreddata attraverso il processo evaporativo (figura a destra). L'acqua calda viene nebulizzata dalla parte superiore della torre su una superficie, come, ad esempio, le splash bars. L'aria atmosferica interagisce con l'acqua e un ventilatore soffia aria verso l'alto e verso l'esterno della torre per favorire il processo. Il raffreddamento evaporativo rilascia calore dal sistema e produce un aerosol che viene disperso nell'ambiente attraverso le aperture nella torre.

Schema di una torre di raffreddamento

Le TR hanno una sola parte mobile, l'elettroventilatore, e l'acqua da raffreddare è a diretto contatto con l'aria. L'evaporazione è il processo naturale che utilizza il calore sensibile e il calore latente come mezzo per dissipare il carico termico. Il processo permette di raffreddare l'acqua ad una temperatura inferiore a quella dell'aria nello stesso ambiente, sfruttando il calore latente di evaporazione e la parte di acqua che evapora a diretto contatto con l'aria. In questo modo viene rimossa una quantità importante di calore, circa 550-600 kcal per ogni kg di acqua evaporata. Pertanto, una TR è una macchina che consente di raffreddare l'acqua in modo efficiente con un basso costo energetico. D'altra parte, l'acqua evaporata deve essere rabboccata. Il principio del raffreddamento evaporativo è stato applicato nell'industria per decenni e la tecnologia si è costantemente evoluta. Il ruolo delle TR è estremamente importante, pertanto, data la loro dimensione e funzione, è necessario monitorarle costantemente, per evitare la necessità di interventi straordinari che richiedano la fermata degli impianti - e questo vale, in particolare, per le infrastrutture critiche come, ad esempio, le centrali nucleari.

 

Problematiche correlate alla proliferazione batterica nelle torri di raffreddamento

Sebbene il processo delle TR sia efficace nella rimozione del calore, può potenzialmente causare seri problemi di igiene e contaminazione. Infatti, i batteri patogeni che sopravvivono e proliferano in questo ambiente possono diffondersi facilmente con l'aerosol, anche per chilometri. Inoltre, lo strato microbiologico ("biofilm") che ricopre rapidamente qualsiasi superficie a contatto con l'acqua può determinare corrosione microbiologicamente indotta (microbially induced corrosion, MIC), o biocorrosione, che può ridurre le prestazioni, aumentare il consumo di energia e diminuire lo scambio termico, con conseguente minore efficienza.

Torre di raffreddamento

Diversi studi hanno riportato come, nei soli USA, il 4% dei guasti delle centrali elettriche sia causato da fouling - che include biofilm, particelle organiche e inorganiche. Molti studi condotti anche in Europa e in altre regioni hanno dimostrato come tale incrostazione degli scambiatori di calore comporti un aumento dei costi di manutenzione. Gli organismi più rilevanti che colpiscono le torri di raffreddamento sono tipicamente alghe e batteri, che possono vivere liberi nell'acqua (forma planctonica) o insediati su superfici (forma sessile). Quest'ultima rappresenta la parte più consistente, comunemente nota come biofilm. Si tratta di una comunità di microrganismi, insediata su una superficie, circondata da una matrice extracellulare costituita da polimeri polisaccaridici (EPS), DNA e proteine. In questo micro-ecosistema le condizioni sono ideali per la crescita microbiologica: ecco perché è molto più efficiente essere sessili che procacciarsi il cibo. L'ampia superficie, la bassa velocità del flusso d'acqua e la temperatura che si possono trovare nelle TR contribuiscono notevolmente alla formazione di questo strato biologico. Il processo di raffreddamento evaporativo aumenta la concentrazione di materia organica e inorganica nell'acqua, fornendo elevate quantità di cibo ai batteri. Inoltre, i materiali impiegati per la costruzione delle TR possono fornire un buon substrato per l'insediamento e la proliferazione batterica. In aggiunta, la lisciviazione di composti biodegradabili può portare a biomasse più elevate di biofilm. La formazione di questo strato biologico pone svariate minacce alle torri di raffreddamento, prima fra tutte la sua capacità di fungere da serbatoio di agenti patogeni. L'EPS protegge i batteri dalle condizioni ambientali, dagli antibiotici e dai trattamenti igienizzanti. Per questo motivo, il biofilm è in grado di resistere ai trattamenti di sanificazione che uccidono facilmente le cellule planctoniche. Di conseguenza, i batteri patogeni possono persistere e moltiplicarsi in questo ambiente. Quando vengono rilasciati, a causa del flusso d'acqua, di trattamenti chimici o altri fattori, questi microorganismi contaminano l'acqua e, quindi, l'ambiente, viaggiando con le gocce d'acqua rilasciate dalla torre. Alcuni patogeni noti che destano preoccupazione nelle torri di raffreddamento sono Legionella pneumophila e Pseudomonas aeruginosa. L. pneumophila causa la Malattia dei Legionari, mediante inalazione dell'aerosol delle torri contaminato da questi batteri, come discusso in dettaglio in un white paper specifico. Il biofilm protegge L. pneumophila dai trattamenti di sanificazione e le permette di sopravvivere in condizioni non ideali. Inoltre, può aumentare la sua resistenza agli antibiotici. Per tutti questi motivi, per garantire un'efficace prevenzione, i trattamenti di sanificazione devono essere applicati non appena il biofilm inizi a formarsi.

Il monitoraggio delle popolazioni microbiche nell'acqua delle TR è essenziale per ridurre al minimo i rischi per la salute della popolazione. Il controllo della proliferazione di Legionella nei circuiti dell'acqua delle torri di raffreddamento richiede un monitoraggio regolare e procedure di disinfezione efficaci. Le TR contaminate da Legionella possono causare gravi problemi di salute e persino portare alla morte di individui infettati che risiedano nelle vicinanze.

 

Metodi di monitoraggio microbiologico

Esistono diverse opzioni per il monitoraggio dei batteri in ambito industriale, come discusso in un precedente articolo. I seguenti sono quelli più comunemente applicati alle TR.

Gli scopi principali delle analisi microbiologiche, nelle torri di raffreddamento, sono il controllo dell'efficacia dei biocidi e la prevenzione della contaminazione da Legionella. A tal fine, il campionamento dell'acqua e l'analisi di laboratorio rappresentano l'approccio più ampiamente applicato. Sfortunatamente, questo metodo presenta alcuni importanti inconvenienti. Innanzitutto, questa opzione può rivelarsi dispendiosa e richiedere molto tempo, a seconda del numero di campioni e delle analisi specifiche da eseguire. In secondo luogo, vengono rilevati solo i batteri liberi nel liquido che, tuttavia, possono rappresentare anche solo il 10% del totale. Fino al 90% dei microrganismi, infatti, vive adeso alle superfici, nel biofilm. Ultimo punto, ma non meno importante, appena l'1% dei batteri presenti in un campione ambientale può essere rilevato mediante tecniche colturali di laboratorio. Per questi motivi, tale approccio può sottostimare ampiamente la reale contaminazione microbiologica.

Coupon rack installato in un bypass dell'impianto

Per campionare e studiare il biofilm, possono essere immersi in acqua dei coupon, solitamente in un rack posizionato all'interno di un bypass (figura a destra). Successivamente, i coupon vengono periodicamente recuperati e analizzati, mediante diverse tecniche.

Per quanto riguarda Legionella, la gestione del rischio sanitario si basa sulla verifica che il livello di contaminazione delle acque sia inferiore alla soglia di allerta. Con più di 103 unità formanti colonia per litro (UFC/L), devono essere applicate analisi dei rischi e azioni correttive. Con più di 105 UFC/L, è raccomandato lo svuotamento, la pulizia e la disinfezione del sistema.
Questo approccio presenta notevoli svantaggi in termini di gestione del rischio. Innanzitutto richiede tempo, poiché i campioni devono essere inviati a un laboratorio e la loro incubazione richiede, solitamente, 24-48 ore.
Inoltre, come accennato in precedenza, meno dell'1% dei batteri presenti nell'ambiente cresce nei terreni di coltura. Una parte importante della popolazione microbica, generalmente nota come vitale ma non coltivabile (viable but non-culturable,VBNC), non ha o ha perso la capacità di formare colonie su piastre di agar in condizioni di stress. Tuttavia, questi batteri possono essere ancora attivi e persino patogeni.

Citometria a flusso

La misurazione dell'ATP viene spesso utilizzata sul campo e fornisce una panoramica dell'attività microbica totale. Pur se non essendo specifico, rappresenta un metodo rapido e semplice per stimare l'attività complessiva di una popolazione microbica in un campione, liquido o prelevato da una superficie (ad es. tampone o coupon). Tramite misurazione dell'ATP, è possibile ottenere dati quantitativi solo in maniera indiretta, stimando la quantità di cellule proporzionalmente all'intensità di fluorescenza misurata. Questo principio è generalizzato per tutti i tipi di microrganismi, anche se ciò può portare ad un'ampia approssimazione.

La citometria a flusso (figura a destra) è una tecnica alternativa che consente la caratterizzazione qualitativa e quantitativa delle cellule sospese in un liquido. Oltre alla quantificazione rapida, la citometria a flusso può fornire informazioni sullo stato fisiologico delle cellule (totale vs vitale). Questa tecnica consente una determinazione diretta, che non è possibile con misurazioni ATP e altre tecniche. Tuttavia, è difficile da applicare in condizioni reali e rileva solo i batteri che fluttuano liberamente, non il biofilm.

In questo contesto, il Sensore ALVIM rappresenta una soluzione vantaggiosa per monitorare la crescita batterica nelle torri di raffreddamento, in linea e in tempo reale. Riducendo tempi e costi necessari allo svolgimento di questa attività, esso consente un miglioramento generale del processo.

 

Metodi di sanificazione

Per controllare la proliferazione microbiologica nelle TR, possono essere applicati trattamenti chimici e fisici, separatamente o congiuntamente. Qualunque sia il metodo scelto, dovrebbe essere veloce, economico e affidabile in un'ampia gamma di pH e temperature. L'approccio più comunemente adottato è il dosaggio di biocidi, come il cloro o l'ozono, come discusso più approfonditamente in uno specifico White Paper. I biocidi vengono dosati in modo intermittente o in continuo per il controllo di batteri, biofilm, funghi, alghe e protozoi. Questo è anche il metodo più utilizzato per il controllo di Legionella nelle torri di raffreddamento.

Biocidi

Il cloro è uno dei biocidi ossidanti più popolari utilizzati nelle TR. Uno dei principali vantaggi della clorazione è rappresentato dalla sua efficacia nell'inattivare un'ampia gamma di microrganismi. D'altra parte, porta alla formazione di sottoprodotti dannosi (disinfection by-products, DBP) e aumenta i tassi di corrosione. Temperature o pH elevati, condizioni comuni per le torri di raffreddamento, riducono l'efficacia della clorazione.

Il biossido di cloro è più efficace del cloro, anche a concentrazioni più basse. Esso è stato ampiamente utilizzato come disinfettante in molte applicazioni, dalla potabilizzazione dell'acqua al trattamento dei reflui industriali. La formazione di DBP è inferiore con il biossido di cloro, in ragione della sua minore reattività con la materia organica. Ultimo punto, ma non per importanza, questo biocida è efficace in un ampio intervallo di pH.

L'ozono è uno dei biocidi ossidanti più utilizzati nel trattamento delle acque, poiché mostra un'efficacia superiore al cloro, anche a basse concentrazioni. È stato dimostrato come un dosaggio compreso tra 0.2 e 0.5 mg/L sia in grado di controllare in maniera soddisfacente la crescita di biofouling, anche in applicazioni con un elevato carico biologico. A causa della sua rapida decomposizione, è spesso associato ad altri disinfettanti.

L'isotiazolinone è utilizzato per il controllo microbico in numerosi trattamenti delle acque industriali. Studi di laboratorio e di campo hanno mostrato eccellenti risultati per quanto riguarda il controllo della crescita algale nelle TR. Gli isotiazoloni sono compatibili con materiali da costruzione, membrane a scambio ionico e di ultrafiltrazione. Sono degradati da agenti riducenti e pH elevato (>9). Generalmente si decompongono rapidamente negli ambienti acquatici in sottoprodotti non tossici.

Irradiazione UV

La ionizzazione rame-argento rappresenta un metodo alternativo di sanificazione, che induce la dissoluzione controllata degli elettrodi di argento e rame. Il rilascio di tali ioni nell'acqua uccide i batteri. Sfortunatamente, un pH elevato può inattivare questo metodo. Anche nelle migliori condizioni, questa opzione è considerata meno efficace della maggior parte dei biocidi chimici.

Tra i metodi fisici, l'irradiazione UV è una delle tecniche più ampiamente applicate nel trattamento delle acque. Viene generalmente utilizzata per sterilizzare acqua pulita, come quella potabile o distillata, dove risulta efficace e piuttosto veloce. Può essere applicata anche all'acqua di raffreddamento sebbene, in questo caso, l'UV risulti generalmente meno efficace rispetto ai biocidi. Ciò è dovuto principalmente all'insufficiente penetrazione della luce nell'acqua torbida. Gli studi hanno dimostrato come, in alcune condizioni, questo metodo non sia stato in grado di impedire la propagazione della Legionella, né di impedire la formazione di biofilm sulle superfici interne della torre di raffreddamento.

Un ulteriore trattamento fisico che ha ricevuto una certa attenzione è la generazione di impulsi elettrici. Questo metodo si basa su campi elettrici pulsati ad alta tensione inviati attraverso l'acqua, per creare pori nella membrana cellulare, con conseguente lisi della cellula. Più impulsi ad alta intensità si sono dimostrati in grado di causare danni maggiori rispetto ad impulsi elettrici singoli.

 

Conclusioni

Il controllo della proliferazione batterica nelle torri di raffreddamento è di primaria importanza, sia per la sicurezza pubblica che per la funzionalità del sistema. La crescita batterica e, in particolare, il biofilm, devono essere tenuti sotto controllo quanto più possibile, a partire dalle primissime fasi.

Monitorando la crescita batterica sulle superfici in tempo reale, i Sensori ALVIM consentono di prevenire i problemi legati al biofilm, tra cui la contaminazione da Legionella e la corrosione microbiologicamente indotta. Allo stesso tempo, questa Tecnologia permette di verificare l'efficacia dei trattamenti di sanificazione. Il Sistema di Monitoraggio del Biofilm ALVIM è utilizzato in più di 30 Paesi, in tutto il mondo. Sono disponibili casi applicativi sia per torri di raffreddamento aperte che per torri di raffreddamento a circuito chiuso.

 

 

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Trattamento acque in avicoltura   [Scarica questo white paper come file PDF]

Negli ultimi decenni, il consumo di carne è cresciuto in modo significativo in tutto il mondo. Ciò è stato determinato principalmente dal settore del pollame, che rappresenta i due terzi della carne aggiuntiva consumata. Attualmente, l'avicoltura è un mercato enorme: nel 2021 nel mondo sono state prodotte circa 100 milioni di tonnellate di carne di pollo, e nel 2022 è atteso un lieve incremento. In Europa è stato osservato un andamento simile, come rappresentato nella figura in basso. Dopo gli USA, che nel 2021 hanno prodotto 20.4 milioni di tonnellate di carne di pollo, gli altri maggiori produttori sono Brasile e Cina, rispettivamente con 14.5 e 14.7 milioni di tonnellate.

 

 

Produzione di carne di pollame in UE

 

 

 

In Europa, il primo produttore è la Polonia (20% della produzione totale europea) seguita da Spagna, Francia, Germania e Italia, come mostrato nella figura in basso. La produzione di uova è ugualmente rilevante per l'allevamento di pollame: tra il 2000 e il 2015, la produzione mondiale di uova è aumentata del 39% circa, arrivando a 1338 miliardi di uova consumate all'anno.

 

 

 

Principali produttori di pollame in UE

Nei paesi industrializzati, ogni anno il 30% della popolazione è affetto da malattie trasmesse dagli alimenti. Solo in Italia, le stime sono di 300 000 casi all'anno, ma le statistiche sottovalutano l'incidenza effettiva di queste malattie (World Health Organization, report 2008). Per proteggerre la salute pubblica, le autorità alimentari compiono un enorme sforzo per ridurre queste infezioni causate da diversi microrganismi e trasmesse all'uomo. La gestione della sicurezza alimentare viene realizzata attraverso l'adozione di misure preventive volte a ridurre al minimo, per quanto possibile, la contaminazione e lo sviluppo di microrganismi patogeni in ogni fase della catena alimentare. Queste metodologie sono raccolte in sistemi generali di gestione della sicurezza alimentare - i più comuni sono HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) e GHPs (Good Hygiene Practices). La sicurezza alimentare è garantita solo se queste misure vengono applicate in ogni fase del processo produttivo: allevamento, trasporto, trasformazione, distribuzione, vendita e non ultima la preparazione per il consumo. Infatti, la contaminazione con agenti zoonotici può verificarsi in qualsiasi momento del processo, dal momento che sono necessari numerosi passaggi per portare il cibo "from farm to fork", dalla fattoria alla tavola.

In questo documento ci concentreremo sull'allevamento di pollame, con particolare attenzione alle contaminazioni batteriche, a come prevenirle e gestirle. Negli allevamenti avicoli la presenza di batteri è ubiquitaria e questo può causare la crescita di animali poco sani, con conseguenti ripercussioni sulla salute umana. Infatti, esistono malattie infettive chiamate "malattie zoonotiche" che possono essere trasmesse dagli animali all'uomo. 

Campylobacter, batterio spiraliforme

Tra le malattie zoonotiche, ad esempio, la campilobatteriosi, è una delle infezioni gastrointestinali di origine batterica più comuni al mondo; è causata da Campylobacter, un batterio spiraliforme (Fig. a destra). Questa infezione può venire trasmessa all'uomo tramite il consumo di carne di pollo cruda o poco cotta. Rispetto ad altri agenti patogeni di origine alimentare, Campylobacter è sensibile alle condizioni ambientali e suscettibile a determinati parametri (temperatura maggiore di 45℃C, pH alcalino, concentrazione di ossigeno più alta rispetto a quella atmosferica). Tuttavia, nel pollame il Campylobacter trova ottime condizioni per la crescita. è stato stimato che, in tutto il mondo, il Campylobacter colpisca più di 2.4 millioni di persone ogni anno, in aumento nell'ultimo decennio. Sebbene sia raramente letale, è stato calcolato che, globalmente, il Campylobacter causi più di 120 decessi ogni anno. è evidente, quindi, che la campilobatteriosi rappresenti un problema di salute pubblica, con un impatto socio-economico considerevole, che risulta necessario affrontare. I dati riportati dalla EFSA (European Food Safety Authority) rilevano la presenza di questo patogeno in circa il 38% dei campioni di carne fresca di pollo analizzati. Analogamente, il FoodNet (Foodborne Diseases Active Surveillance Network) del Centro Controllo e Prevenzione Malattie ha trovato che, negli USA, il 40% dei prodotti avicoli risultavano contaminati da Campylobacter, e il 10% di questi ceppi mostrava resistenza alla ciprofloxacina. La resistenza antimicrobica (AMR) è una minaccia crescente per la salute umana e animale, in quanto riduce la capacità di trattare le infezioni batteriche e aumenta il rischio associato alla morbilità e alla mortalità causate da batteri resistenti. Garantire l'efficacia degli antimicrobici nel trattamento delle infezioni batteriche rimane un problema sanitario globale urgente. Infatti, il NIFA (National Institute of Food and Agriculture) ha recentemente investito una grande quantità di risosrse per mitigare la resistanza antimicrobica lungo la catena alimentare. 

Salmonella, batterio a forma di bastoncello

La stessa attenzione va riservata a Salmonella, un batterio gram-negativo a forma di bastoncello (Fig. a destra) che è in grado di passare ad altri animali tramite le feci. I principali veicoli di trasmissione all'uomo sono rappresentati da una scorretta manipolazione e consumo di carne cruda e uova contaminate. Perciò il controllo di Salmonella nei mangimi animali e nell'acqua risulta fondamentale per proteggere l'intera catena alimentare umana, dal momento che questa contaminazione può viaggiare dagli animali vivi fino ai consumatori finali. Per ridurre la presenza di Salmonella nei mangimi animali, durante la produzione e lo stoccaggio dei mangimi vengono solitamente applicati trattamenti termici e chimici, ma sfortunatamente ciò non garantisce la completa eliminazione del patogeno. Recentemente, il Servizio Ispezione per la Sicurezza Alimentare dell' USDA (U.S. Department of Agriculture) ha dichiarato Salmonella un adulterante nei prodotti a base di pollo crudo impanati e ripieni. Il limite suggerito, che dovrebbe ridurre significativamente il rischio di malattie dovute al consumo di questi prodotti, è di 1 unità formante colonia (CFU) di Salmonella per grammo di carne. Salmonella, infatti, è l'agente batterico più diffuso nelle infezioni di origine alimentare, con 126 morti nel 2015 solo in Europa, e i prodotti a base di pollame sono responsabili della maggior parte delle infezioni umane. Uno dei principali problemi legati a questo patogeno è che Salmonella normalmente provoca infezioni intestinali asintomatiche negli uccelli nei primi 2 mesi, facilitando la diffusione di questo patogeno tra gli animali. 

 

Qualità dell'acqua negli allevamenti

Il consumo di acqua in un allevamento di pollame è molto elevato, perché l'acqua è necessaria per ridurre la temperatura dell'aria (compresi i pannelli di raffreddamento evaporativo e i sistemi di nebulizzazione), per la sanificazione degli impianti e, ovviamente, anche per il consumo degli animali. è stato stimato che i polli consumano circa da 1.6 a 2.0 volte più acqua che mangime in peso. L'acqua utilizzata negli allevamenti può avere diversa origine, le più comuni sono la rete idrica, le falde sotterranee e i corpi idrici superficiali. Ci sono alcuni punti critici in cui è più probabile che si verifichi una contaminazione batterica, come l'acqua di ricircolo usata per lavare le carcasse, chiamata "acqua rossa", oppure l'acqua dello "scalder" - una vasca in cui i polli vengono immersi in acqua calda. Altri punti critici sono il "chiller" (raffreddatore) e, ovviamente, il sistema di acqua potabile (Drinking Water System, DWS), composto da molte tubazioni ramificate e centinaia di abbeveratoi.

Il benessere degli animali è influenzato da molti fattori

Esistono molti fattori in grado di influenzare il benessere degli animali e, di conseguenza, le prestazioni dell'allevamento. I più rilevanti sono sicuramente spazio abitativo, pulizia, illuminazione, temperature, qualità dell'aria, ventilazione, cibo e acqua (in termini di disponibilità, quantità e qualità). Infatti, mantenere la qualità dell'acqua potabile è essenziale per la salute del pollame e svolge un ruolo chiave per ottenere prestazioni ottimali degli animali. Sottovalutare l'importanza di un approvvigionamento idrico pulito e sicuro rappresenta un enorme rischio per la salute e le prestazioni degli allevamenti, poiché l'acqua contaminata causa svariati problemi. Purtroppo, l'acqua negli alevamenti avicoli soffre spesso di una carenza di monitoraggio della qualità microbiologica. Per i batteri eterotrofi presenti nell'acqua potabile, l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) indica un limite massimo consentito di 100 CFU/mL e, purtroppo, negli allevamenti questa concentrazione è spesso più alta.

La sicurezza o il rischio connessi all'acqua potabile sono determinati dalle sostanze presenti nel liquido e dalla loro concentrazione. L'EPA (Environmental Protection Agency) considera qualsiasi sostanza dissolta in acqua un contaminante, sebbene basse concentrazioni di alcuni composti possano essere utili per il nutrimento degli animali. D'altra parte, la presenza di batteri rappresenta un reale rischio, poichè può ridurre l'efficacia dei farmaci e dei vaccini somministrati attraverso le linee di abbeveraggio, può comportare una scarsa conversione del mangime e un aumento della mortalità.

Attualmente, la maggior parte delle industrie avicole negli Stati Uniti adotta sistemi di abbeveraggio totalmente chiusi, per ridurre il rischio di contaminazione. Per questo motivo il sistema idrico è considerato sicuro e il controllo della qualità dell'acqua è trascurato. Minerali, batteri, alghe, lieviti e funghi possono essere tutti presenti nell'acqua fornita, senza che l'allevatore ne sia a conoscenza. Questo è il primo errore che causa la proliferazione batterica. 

Una cattiva gestione dell'acqua potabile del pollame consente ai batteri di depositarsi sulle superfici e dare origine a uno strato microbico noto come biofilm. Il biofilm è definito come una comunità di batteri racchiusi in una matrice autoprodotta composta da sostanze esopolimeriche (EPS) e adesa ad una superficie (tubi, serbatoi, ecc.) All'interno del biofilm, le cellule batteriche sono molto più resistenti agli agenti fisici e chimici, perché l'EPS forma uno strato protettivo esterno che ripara i batteri.

Nei sistemi di acqua potabile le condizioni sono favorevoli alla crescita di biofilm

Sfortunatamente, la crescita di biofilm nei sistemi di acqua potabile è molto comune, poiché le condizioni sono favorevoli - bassa portata, temperatura medio-alta, presenza di batteri e sostanze nutritive. Gli allevatori spesso usano additivi (miscele di gelatina aromatizzate, miscele di bevande in polvere, vitamine, elettroliti, zucchero e stabilizzanti) che sono una fonte di nutrimento per I batteri e promuovono la crescita di biofilm. Inoltre, il sistema di acqua potabile è comunemente usato negli allevamenti per la somministrazione di medicinali, per ragioni pratiche. Tali sostanze possono risultare sottodosate a causa della cattura e del consumo di particelle di medicinale da parte della matrice del biofilm e dei batteri stessi. Ciò può comportare un aumento del rischio per la salute degli animali e lo sviluppo di ceppi batterici resistenti.

Il biofilm è anche l'ambiente perfetto per lo sviluppo di patogeni, che all'interno del biofilm trovano nutrienti (carboidrati, grassi e proteine) e protezione dagli agenti esterni. è stato osservato che circa l'80% delle infezioni batteriche è correlato alla formazione di biofilm, poiché la struttura polimerica fornisce un riparo contro antibiotici e biocidi.

Considerato che batteri nocivi come Legionella, Salmonella o Campylobacter rappresentano un problema rilevante per la salute pubblica a livello globale, è di primaria importanza mantenere la catena alimentare libera da questi agenti patogeni. Poiché questi microrganismi sono in grado di persistere lungo l'intera filiera alimentare, grazie alla loro capacità di formare biofilm, è fondamentale comprenderne meglio il meccanismo di formazione, crescita e persistenza, al fine di prevenirlo ed eradicarlo. La capacità dei microrganismi di formare biofilm dipende da diversi fattori come le condizioni di crescita, la superficie di contatto e le specie o il tipo di ceppo. Sia Salmonella che Campylobacter hanno il macchinario genetico relavito ai propri programmi trascrizionali indispensabile per formare biofilm; questo è diverso rispetto al macchinario genetico dei batteri planctonici dello stesso ceppo. Questi meccanismi biochimici sono molto complessi e non ancora completamente compresi, ma sono stati condotti numerosi studi su questo argomento. Ad esempio, ricerche recenti hanno evidenziato che la formazione di biofilm sia un meccanismo di sopravvivenza di Campylobacter al di fuori dell'ospite. I batteri che crescono in un biofilm creano un'atmosfera microaerobica che consente loro di sopravvivere fino a quando non possono colonizzare un nuovo ospite. 

 

Sanificazione dell'acqua negli allevamenti di pollame

Formazione di biofilm nella superficie interna di una tubazione

Il biofilm sulle superfici interne dei tubi ospita oltre il 90% del numero totale di batteri, che risultano i più difficili da eradicare, soprattutto se il biofilm è maturo (Fig. a destra). I batteri flottanti, i più facili da eliminare, sono solo il 10% del totale e sono gli unici batteri rilevati attraverso il campionamento dell'acqua e l'analisi di laboratorio. In ogni caso, il campionamento e l'analisi di laboratorio sono costosi, dispendiosi in termini di tempo e non affidabili per sistemi di acqua potabile ramificati ed estesi come quelli degli allevamenti di pollame. L'unico modo per tenere sotto controllo la crescita del biofilm è utilizzare un sensore specifico. In questa prospettiva, la Tecnologia ALVIM permette di monitorare la formazione di biofilm in tempo reale, con un approccio distribuito che può coprire l'intero sistema di acqua potabile. 

Per rimuovere efficacemente il biofilm, è necessario effettuare regolarmente un trattamento chimico e, per prevenirne la riformazione, è necessario sanificare l'acqua di approvvigionamento. La disinfezione con biocidi dell'acqua e della rete di distribuzione idrida, che spesso viene eseguita tra un lotto di produzione ed il successivo, non garantisce tuttavia la completa eliminazione dei microrganismi. In effetti, questi trattamenti sono raramente ottimizzati e i biocidi vengono comunemente dosati su base temporale predefinita, senza alcun controllo della loro reale efficacia. Uno studio recente ha evidenziato che, nonostante la regolare disinfezione con agenti ossidanti, la maggior parte delle superfici campionate all'interno del DWS dei polli mostrava conte microbiologiche elevate. Un altro studio condotto in un allevamento di pollame a San Paolo, in Brasile, ha rilevato che più della metà dei tamponi raccolti negli abbeveratoi presentava una contaminazione batterica con ceppi produttori di biofilm, nonostante il trattamento applicato (5 ppm di cloro a 37℃C per 12 ore e clorexidina 2%). I motivi per cui il trattamento non è stato efficace sono stati la cattiva distribuzione della sostanza chimica dal punto di iniezione agli abbeveratoi e la carenza di biocida dovuta alla sua reazione con la materia organica. Sulla base delle indicazioni fornite dai Sensori ALVIM, quando essi vengono impiegati in un impianto, risulta invece possibile dosare il cloro, o altri sanificanti, non appena il biofilm inizi a crescere, massimizzando l'efficacia del biocida, e minimizzando il consumo di sostanze chimiche, i costi e la tossicità sugli animali.

Acido ipocloroso

Negli allevamenti di pollame, il biocida più comunemente usato è l'ipoclorito, spesso come candeggina artigianale. è importante mantenere un residuo di cloro libero nell'acqua - preferibilmente da 3 a 5 ppm alla fine della linea, affinché un programma di sanificazione sia in qualche modo efficace . La richiesta totale di cloro per un chiller in un allevamento medio di pollame medio può essere notevolmente elevata - fino a 400 ppm. Ci sono due motivi cui la concentrazione è così alta: l'elevato carico organico "consuma" il cloro, e i patogeni possono essere protetti dalla grande quantità di grassi e schiuma nell'acqua. Per questi ed altri motivi, anche un residuo di cloro non basta a garantire l'efficacia della sanificazione, come abbiamo discusso in un precedente white paper. 

Biossido di cloro

Negli ultimi anni anche il biossido di cloro (ClO2) ha guadagnato popolarità negli allevamenti di pollame, trattandosi di un disinfettante collaudato, rapido e ad ampio spettro, efficace a basse dosi e in un'ampia gamma di pH. Sebbene ClO2 abbia un elevato potere ossidante, è meno corrosivo di altri biocidi e non forma sottoprodotti tossici della disinfezione, come i trialometani (THMs). Il biossido di cloro ha una dimostrata efficacia nella rimozione del biofilm dalle condotte idriche ed è adatto per impianti di acqua potabile, poiché non conferisce odore o sapore all'acqua. Un altro vantaggio dell'utilizzo di ClO2 è la forte azione del biocida contro Campylobacter, dimostrata da diversi studi.

Acqua ossigenata

Un altro biocida utilizzato negli allevamenti di pollame per igienizzare il sistema di acqua potabile è H2O2 e i suoi prodotti stabilizzati. Sono composti ossidanti molto forti, altamente efficaci contro il biofilm ma non facili da usare perché difficili da reperire e non semplici da maneggiare. è stato riscontrato che il perossido di idrogeno al 50% a una concentrazione di 35 mg/L ha un effetto letale sui microrganismi indicatori come Escherichia coli (56.7%), Staphylococcus aureus (36.7%) e Salmonella spp. (26.7 %). L'azione antimicrobica sembra essere legata alla sua capacità di formare specie reattive dell'ossigeno come il radicale idrossile (OH⋅) e l'ossigeno di singoletto (1O2), che danneggiano il DNA e i costituenti della membrana. 

Dicloroisocianurato di sodio

 

Anche il dicloroisocianurato di sodio (NaDCC), che contiene cloro attivo, è altamente raccomandato come disinfettante chimico in quanto efficace, stabile e facile da usare sotto forma di compresse. Nel trattamento igienico-sanitario dell'acqua potabile, viene comunemente applicato alla concentrazione di 1.6 mg/L.  

Anche l'uso di acidi organici nell'acqua potabile è possibile negli allevamenti di suini o di pollame per sopprimere l'infezione da Salmonella, anche in periodi particolari come premacellazione, quando la suscettibilità all'infezione da agenti patogeni è probabile che sia maggiore. Acidificanti come l'acido citrico, acetico e propionico e il bisolfato di sodio abbassano il pH dell'acqua e sono efficaci disinfettanti per le linee idriche, ma non abbastanza forti da rimuovere un biofilm già presente nel sistema. Uno svantaggio per molti sistemi di acqua potabile è la corrosione causata su tubi zincati e abbeveratoi. 

Lo iodio viene utilizzato come disinfettante per la linea dell'acqua così come altre soluzioni a base di bromo, acido perossiacetico e ozono. Questi prodotti sono forti ossidanti che uccidono batteri e virus in modo efficiente, garantendo la sicurezze dell'acqua potabile.

 

Ci sono molti altri fattori da tenere a mente quando si considera un programma di sanificazione della linea idrica nel sistema di acqua potabile, tra cui:  

  • la sorgente dell'acqua con la possibile contaminazione batterica intrinseca e il contenuto minerale;
  • il tipo di biocida, considerando i sottoprodotti di disinfezione che alla fine della rete idrica arrivano agli animali;
  • se nell'impianto vengono dosati anche additivi, è fortemente raccomandato il risciacquo delle tubature subito dopo, al fine di eliminare i residui che potrebbero essere fonte di nutrimento per i batteri e favorire lo sviluppo di biofilm;
  • il valore di pH. Ad esempio, nell'intervallo di pH 6.5 - 7.5 l'equilibrio acido ipocloroso/ipoclorito viene spostato verso l'anione ClO-, fino a 100 volte meno efficace del suo acido coniugato, quindi un trattamento biocida applicato a questo pH non è ottimizzato. Inoltre, l'acqua ad alto pH tende ad avere un sapore amaro che gli uccelli sono in grado di riconoscere, e questo può ridurne il consumo, mentre un pH inferiore a 5 può influire sulla loro salute intestinale. L'intervallo di pH 6.2-6.8 sembra essere il migliore per il sistema di acqua potabile.

 

Conclusioni

La proliferazione batterica può avvenire in ogni fase della catena alimentare

Come abbiamo visto, le uova e la carne di pollame che arrivano al consumatore finale hanno subito diversi passaggi, in cui può verificarsi la proliferazione batterica. Se i prodotti a base di pollame non vengono manipolati e cotti correttamente, la contaminazione batterica può trasferirsi all'uomo, causando seri problemi per la salute pubblica. La presenza di microrganismi è ubiquitaria "from the farm to the fork": nei mangimi, nel sistema di acqua potabile, in ogni parte del pollaio e anche nell'industria alimentare. La capacità dei batteri di formare biofilm aggrava ulteriormente il problema perché, all'interno del biofilm, i patogeni sono protetti e più difficili da eradicare. 

Per affrontare un problema così ampio, è evidente che occorra adottare un approccio complessivo. Esistono diverse strategie che possono essere applicate nelle diverse fasi della filiera alimentare, ma sicuramente la presenza di biofilm nei sistemi di acqua potabile e in altre parti degli allevamenti avicoli e la successiva lavorazione è un notevole problema che deve essere sempre preso in considerazione. 

Poiché risulta impossibile prevenire completamente la formazione del biofilm, la sua crescita deve essere attentamente monitorata, per applicare trattamenti igienico-sanitari il prima possibile; non si può trattare adeguatamente ciò che non si controlla.  

A tal fine, ALVIM ha sviluppato la sua innovativa tecnologia di monitoraggio del biofilm, basata su oltre 40 anni di ricerca scientifica. I Sensori ALVIM possono essere installati direttamente nell'impianto dell'acqua potabile, e rilevano in modo specifico l'attività biologica del biofilm batterico, sin dalla sua prima fase. Questo è molto importante, perché prima viene trattato il biofilm, più facilmente viene rimosso. Questo tipo di approccio consente anche notevoli risparmi, rendendo possibile l'applicazione dei biocidi solo quando realmente necessario, riducendo sia i costi che l'impatto ambientale del trattamento

 

 

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